In tempi piuttosto tristi e difficili appare lo spirito, profetico e incoraggiante, del mensile Mosaico di Pace (2/2013) fondato da don Tonino Bello e tuttora realizzato da Pax Christi, che già in copertina denuncia il riarmo in Africa e gli spettri di fame, freddo e guerra, ma poi ha il coraggio di dedicare il bel dossier centrale al tema: “La bellezza salverà il mondo”, a cura di Nicoletta Dentico e introdotto dai versi di David Turoldo: “Certo per me/ amico,/ è tempo/di appendere/ la cetra/ in contemplazione/ e silenzio/ Il cielo/ è troppo alto/e vasto/ perché risuoni/ di questi solitari/ sospiri./Tempo è di unire/le voci/ di fonderle insieme/ e lasciare/ che la grazia canti/ e ci salvi/ la Bellezza.”
“Grazie Papa Ratzinger”, così l’editoriale del fascicolo di marzo di Jesus in gran parte dedicato al pontificato che si è concluso e al conclave. La consueta riflessione di Enzo Bianchi si fa preghiera ai cardinali: “… non vi seguano in conclave le logiche mondane che sono attratte dal potere, dall’apparire, dal successo… La Chiesa ha bisogno oggi come sempre di guardare a pastori che siano saldi nella fede … , capaci di discernimento … , esercitati nella misericordia per annunciare efficacemente il volto amoroso di Dio nella remissione dei peccati. Ricordate le parole del Signore: non sic vobis! Non come nel mondo sia tra voi, ma conformemente all’esempio dato da Cristo …”
Alle vicende e prospettive della Chiesa universale è dedicato anche il n 3/2013 di Koinonia, che offre una riflessione di Ettore Masina sulla “congiuntura vaticana e prospettive di chiesa”, di Luigi Sandri che intravvede una sorta di alternativa: Benedetto XVII o Giovanni XXIV?. E poi di Frei Betto, Pietro Stefani, Raniero La Valle.
Anche Il Gallo, tra molte altre idee e riflessioni, pubblica a marzo un intervento di Giorgio Chiaffarino che guarda al futuro della Chiesa dopo la decisione di Papa Benedetto. E scrive: … “A dirla semplice, l’impressione è che la chiesa romana attraversi una delle peggiori crisi di fiducia del nostro tempo e, talvolta, sia in preda a una certa confusione. Solo ieri si è chiuso il Concilio – sono 50 anni, ma per la chiesa è un attimo – è stato il momento che ha acceso tante speranze. È accaduto che si siano formate due correnti. Quella di coloro che lo hanno vissuto come una tappa, un tempo di riflessione per un nuovo inizio, un ripensamento del suo essere, certo senza trascurare la tradizione, ma rivitalizzandola nella sua essenza. E poi anche una revisione della sua presenza nel mondo … esprimendo chiaramente il suo pensiero sulle storture che creano infelicità dolori ingiustizie e, prima di tutto, presentando il suo messaggio di salvezza in termini che le persone di oggi possano capirlo …”. E cita il vescovo Alberto Ablondi che aveva detto: “Quanto è bello poter dire agli uomini la novità che li restituisce a tutte le dignità e che indica le vere strade della vita!”. In secondo luogo ci sono, e sono numerosi e godono di molta attenzione non solo vaticana, quelli che hanno immaginato il Concilio come un momento di santa follia, da cancellare, una pagina da voltare appena possibile … E infine ci sono quelli che enfatizzano il pericolo di un’interpretazione del Concilio come rottura, discontinuità in contrapposizione all’ermeneutica della continuità.