“È nella perfetta parità tra uomini e donne l’equilibrio della convivenza umana”. Lo afferma, giustamente, la copertina di Mosaico di pace (febbraio 2014); e nelle pagine interne, sempre molto interessanti, il tema viene svolto in un ampio dossier curato da Patrizia Morgante e intitolato “Una danza tra uomini e donne. Oltre gli stereotipi e i pregiudizi, verso un’identità di genere più consapevole”. Accanto a interviste e approfondimenti c’è un ricordo-riflessione su Adriana Zarri e la sua storia di relazioni intense e di pensieri, di silenzio e di preghiera. E un post di Vito Mancuso (dal suo profilo facebook del 4 ottobre 2013): “Oggi su Repubblica scrivo del primato della relazione, ovvero del pensiero femminile – il quale, attenzione bene, non è necessariamente delle donne, perché vi sono donne che esprimono un pensiero maschile e viceversa uomini che esprimono un pensiero femminile. Il pensiero femminile è pensiero del primato della relazione e dell’armonia, di contro al pensiero maschile ovvero del primato della sostanza e della competizione. Tutti siamo chiamati a questo cambiamento di mente, se vogliamo davvero migliorare il pianeta e noi stessi. Sii tu il cambiamento che vuoi, diceva Gandhi, e il primo cambiamento avviene nella mente”.
“Il Paese è al bivio e la politica sembra non accorgersene” lo scrive Paolo Nepi nell’editoriale dell’ultimo numero di Orientamenti sociali sardi, aprendo un fascicolo (anzi un vero libro!) impegnato a riflettere sui doveri dei cattolici nell’ora presente (politica, ma anche cultura, etica …). Sono considerazioni molto interessanti, un esame di coscienza severo e l’indicazione di una possibile ripresa di impegno, che Giovanni Bianchi, nel suo saggio, chiama “Ripartenza da Camaldoli”.
50 anni dalla Pacem in Terris. Li ricorda con vari articoli molto interessanti la rivista Coscienza (n 5/13), espressione del Movimento ecclesiale di impegno culturale, gli “intellettuali” di Ac un tempo identificati come “laureati cattolici”. In effetti, la ricorrenza non è stata ricordata, in genere, con adeguata attenzione perché si trattò di un’enciclica veramente “giovannea”, che ha aperto la strada a tanta riflessione nella Chiesa e a tanta attenzione e dialogo verso il mondo da poter esser considerata una delle sorgenti cui ha attinto papa Francesco. E alla quale possiamo rivolgerci anche oggi tutti, con fiducia. E, infatti, papa Francesco ha ricordato l’enciclica con entusiasmo e si è chiesto, come evidenzia Coscienza: ma noi abbiamo compreso quella lezione? Vari articoli (Antonio Papisca, Mario Serafin, Andrea Favaro, Lorenzo Caselli) arricchiscono la riflessione e dimostrano come il Movimento (che rinnova l’antica tradizione dei “laureati cattolici”) sia in piena sintonia con le linee e le speranze del pontificato.
“Con Francesco si cammina sui sentieri di Isaia: non ci sarà più un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza”: così gli amici di Arturo Paoli, 101 anni (e tanta storia sulle spalle e forza dello Spirito nel cuore) hanno commentato l’incontro fra il Papa latinoamericano e il monaco antico dirigente della Gioventù cattolica e “testimone e padre spirituale della teologia della liberazione”, come ha sottolineato il teologo Vito Mancuso. Ne parla ampiamente il numero di febbraio di Oreundici, la rivista del movimento promosso da don Mario de Maio. Nello stesso fascicolo si parla delle grandi novità dell’Evangelii Gaudium, del primato della carità e della gioia paradossale che l’enciclica esprime, mentre il teologo evangelico Paolo Ricca si chiede “la casa di dio è in terra?” e parla di “una presenza che l’uomo non può possedere”. Al fascicolo della rivista è poi aggiunto, come accade da qualche tempo, un fascicolo (o meglio un piccolo libro, a comporre la collana degli “scoiattoli”, che offre uno o più brevi testi di riflessione intorno ad un unico tema). Il riferimento questa volta è alla provocazione che Lampedusa pone alle coscienze cristiane. Ne è autore don Stefano Nastasi, per sei anni parroco a Lampedusa e da qualche settimana passato a Sciacca. Il testo è il racconto di sei anni vissuti tra migranti e lampedusani, in un incrocio di silenzi e di parole, di tragedie, di rabbia e di amore.
Ancora a papa Francesco è dedicata larga parte del n 408 de Il foglio. Ne scrivono Aldo Bodrato ed Enrico Peyretti. La rivista (che si definisce, con umiltà e precisione, “mensile di alcuni cristiani torinesi”) offre anche un’interessante sintesi delle riflessioni che il gruppo “Chicco di senape” ha elaborato di fronte al questionario vaticano in preparazione al sinodo dei vescovi sulla famiglia. In apparenza il testo non esprime vere e proprie risposte alle domande, ma ne fa un’interpretazione, e fondamentalmente critica. Tuttavia si tratta di un testo interessante e forse gli stessi autori del documento preparatorio che esprime le domande potrebbero convenire che si tratta di un contributo assai utile e costruttivo, sebbene critico.
Ma papa Francesco non interpella solo i laici e i cristiani “critici”. Offre, infatti, stimoli di riflessione e di rinnovamento anche ai cristiani inseriti nelle strutture istituzionali e “tradizionali” della Chiesa. Basta leggere la rivista Consacrazione e servizio per scoprire che anche tra le religiose, le suore contemplative, c’è un’aria nuova. Intendiamoci: non c’è contrapposizione, ma più sicurezza nel dire cose forti e impegnative, più gioia per le scelte radicali fatte in nome del Vangelo. Così il numero di febbraio della rivista (diffusa tra religiose, ma non solo) è intitolato “Misericordia io voglio: per una cultura della misericordia”. E don Virginio Colmegna, direttore della casa della Carità di Milano scrive: “Conviene riflettere sullo stretto rapporto che c’è tra giustizia e misericordia. Le nuove opere di misericordia si fanno condivisione, prossimità e rendono esigente l’impegno nella società in cui viviamo. Nella “Casa della Carità” si vive l’ospitalità come incontro con donne, uomini che ci consegnano la loro sofferenza, la loro povertà, la loro rabbia, i loro errori; e “accogliere” significa dare concretezza al Dio che è misericordis e per questo è giusto. La vera opera di misericordia è l’ospitalità…”.
(a.bert.)