Di antimafia si parla molto; ma c’è poi un’azione coerente ed efficace? Se lo chiede Livio Pepino nell’editoriale di Narcomafie (n 7/8 ), la rivista fondata da don Ciotti e dal gruppo Abele; e dedicata a Giancarlo Siani, simbolo dei giornalisti uccisi dalle mafie. La risposta è severa e, purtroppo, realistica. La parola ”antimafia” rischia di perdere significato, stretta fra la retorica fasulla e i comportamenti reali (le “madonne” che si inchinano ai boss, il boom di droghe, usura e riciclaggio. La rivista, sempre ben documentata, offre una panoramica accurata e preoccupante del perdurante potere della mafia in vaste zone del paese; ma indica anche segni di novità, di coraggio e di successo nella lotta al potere della malavita e nell’utilizzo dei beni confiscati. Trasformare le ricchezze della mafia in bene comune, in occasioni di lavoro e di accoglienza … ecco l’impegno non solo di confiscare ma anche di riutilizzare in modo nuovo i beni della mafia, e fare in modo che “il maltolto a pochi mafiosi diventi benessere per tutti” . Tutto il ricco fascicolo di Narcomafie illustra varie esperienze, in tutta Italia, di “riutilizzo sociale dei beni confiscati”.
Forse in omaggio a papa Francesco la rivista Vita e Pensiero (luglio-agosto) ripropone un testo su san Francesco del cardinale Carlo M. Martini, scritto nel 1992 in occasione dell’800° del Santo di Assisi. Ne risalta l’attualità del Santo e di chi cerca, anche oggi, di seguirne l’insegnamento e l’esempio. Il programma di Francesco, scriveva Martini, “è in sostanza lo stesso della nostra Chiesa sulla soglia del terzo millennio cristiano: essere comunione e comunità, e ricominciare dagli ultimi”. Sullo stesso fascicolo della rivista dell’Università Cattolica un coraggioso testo inedito di Eugenio Corti “Sulle difficili condizioni della cultura cattolica” e una originale riflessione di Gianfranco Ravasi “per una teologia delle emozioni”.
Il mondo delle religiose (da quelle impegnate nella scuola, nel mondo della salute, nella pastorale… fino alle contemplative) è ben consapevole di vivere in un momento di trapasso, di transizione. Un mondo nuovo sta nascendo (migliore o peggiore che ci possa apparire) e il problema essenziale è quello di accorgersene, di saperlo e di agire (e vivere) di conseguenza. Lo spiega bene Consacrazione e Servizio (n 4/2014), la semplice, ma sostanziosa rivista dell’Usmi, che dedica l’intero fascicolo agli atti della 61° Assemblea nazionale delle Superiori maggiori italiane, intitolato appunto “L’arte del passaggio”. Come afferma la presidente, madre Maria Regina Cesarato, “L’arte del passaggio è una dinamica che si articola nei tre verbi dell’Esodo: uscire, attraversare, entrare”. E moltissime delle considerazioni emerse nell’Assemblea delle religiose valgono pienamente anche per i credenti laici e sacerdoti…
A proposito della tragedia che si sta svolgendo in Iraq, Siria (e Paesi limitrofi) è molto interessante l’articolo di apertura del fascicolo 3941 di La Civiltà Cattolica. Il padre Luciano Larivera, del collegio degli scrittori di CC, rilegge e spiega l’atteggiamento del Papa e dell’episcopato irakeno e mediorientale di fronte alla tragedia in corso. Il loro magistero si fonda non solo sulla condanna della violenza, ma “sulla pace giusta e sulla solidarietà (carità) internazionale”. E spiega che “… è cruciale studiare e comprendere perché e come il Califfato islamico combatte, per combatterlo con efficacia. Analisti militari attestano che l’attuale situazione armata non è efficace. Ma non basta l’arte della guerra: servono la politica interna, la diplomazia, la religione, l’economia….”.
(a. bert.)