Per contrastare efficacemente il nazionalismo, dobbiamo riscoprire il patriottismo repubblicano che apprezza la cultura nazionale e i legittimi interessi dei cittadini, ma eleva l’una e gli altri agli ideali del vivere libero e civile. Infatti, come ha fatto in passato il nazionalismo può distruggere i regimi liberali e democratici e aprire la strada al totalitarismo. Questo è il filo conduttore del libro di Maurizio Viroli Nazionalisti e patrioti (Editori Laterza, 2019, p.87).
Vediamone ora lo svolgimento nei suoi sei capitoli: alle origini, il nazionalismo contro il cosmopolitismo e il patriottismo repubblicano, nazionalismo e libertà morale, il contrasto tra patriottismo e nazionalismo, la grandezza della nazione, come contrastare il nazionalismo.
Giuseppe Mazzini era contro il “gretto nazionalismo” e riteneva che l’ideale repubblicano della patria potesse trovare nuovo vigore solo se legato ai valori culturali della nazione. Per questo bisogna imparare a capire e ad amare i grandi del passato. Essi sono una continua fonte di ispirazione e di sostegno. Gli italiani devono studiare Dante non per vantare la grandezza della propria cultura nazionale, ma con lo scopo di trovare motivazioni per combattere la corruzione e la servitù.
Solo dei cittadini possono esigere la giustizia sociale. La voce degli oppressi, dei poveri e degli sfruttati non è ascoltata se essi non possono parlare come cittadini e se non possono appellarsi alla comune appartenenza alla patria. Ma gli obblighi morali verso l’umanità vengono prima degli obblighi verso la patria e prima di essere cittadini di una patria particolare, siamo essere umani. Le condizioni geografiche, la storia, la tradizione, il linguaggio, i costumi non sono sufficienti a rendere la nazione degna del nostro amore.
L’amore della patria deve essere illuminato da una luce morale superiore che viene dall’impegno per la giustizia e per la libertà di tutti. Ma un mazziniano come Francesco Crispi (1818-1901) aveva spinto il nazionalismo alle estreme conseguenze fino a separare la nazionalità dall’umanità, segnando un radicale mutamento ideale rispetto al Risorgimento. L’ideologia che dominò la cultura politica degli Stati europei fra Ottocento e Novecento non fu il patriottismo repubblicano ma il nazionalismo. In Italia i fondatori dell’ideologia nazionalista criticarono il patriottismo del Risorgimento sia per il suo contenuto liberale e democratico sia per la sua devozione all’ideale mazziniano della fratellanza dei popoli.
Alfredo Rocco (1875-1935), estensore del famigerato “codice Rocco” fascista, riteneva che il vero nazionalismo fosse “attaccamento alla nazione e affermazione della propria razza”. Anche il filosofo del regime Giovanni Gentile (1975-1944) attaccava la “astratta umanità” di Mazzini e voleva una nazione che nel campo delle competizioni internazionali esprimesse la propria forza e vitalità santificata anche dal martirio. Il concetto di patria mazziniano degli uomini del Risorgimento è stato un punto di riferimento ideale di gran parte dell’antifascismo italiano, a partire dai militanti di Giustizia e libertà. In proposito, Carlo Rosselli aveva le idee ben chiare quando poneva una netta demarcazione fra patriottismo e nazionalismo; identificava il primo con gli ideali di libertà basati sul rispetto per i diritti degli altri popoli, il secondo con la politica di espansione perseguita dai regimi reazionari. La nostra patria, scriveva Rosselli, non si misura a frontiere e cannoni, ma coincide col nostro mondo morale e con la patria di tutti gli uomini liberi. Il nazionalismo fascista ha incoraggiato le guerre coloniali, il razzismo e l’invasione della Francia e della Grecia, due nazioni per le quali avevano combattuto i patrioti del Risorgimento. Le ultime pagine del libro sono dedicate all’attualità e sono coerenti con l’excursus storico. Se continuerà a vincere il nazionalismo ci porterà a una democrazia intollerante e barbara. Di quali italiani si parla quando si afferma “Prima gli italiani!”? Di Mussolini o di Carlo Rosselli? Di Salvatore Riina o di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? Prima la dignità delle persone, questo deve essere il principio della nostra Repubblica. Contro il nazionalismo serve poco alzare la bandiera del cosmopolitismo, un ideale nobile che convince la ragione ma non tocca le passioni e rimane nell’ambito di ristrette élites intellettuali. La retorica nazionalistica è sempre stata, ed è tuttora, particolarmente efficace sui poveri, sui disoccupati, sugli intellettuali frustrati e sulla classe media in declino.
Bisogna perciò contrastare il nazionalismo con il linguaggio del patriottismo, come aveva cominciato a fare il Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Il patriottismo repubblicano lotta contro le ineguaglianze e dà forza agli esclusi che chiedono il pieno riconoscimento dei diritti civili, sociali e politici. Vorrei sbagliare, afferma nelle ultime righe Maurizio Viroli, ma mi pare proprio che ancora pochi comprendano questa lezione così semplice della storia.
Salvatore Vento
(la recensione è uscita su Via Po, supplemento culturale di Conquiste del Lavoro, quotidiano della Cisl, del 2 maggio 2020)