Rileggendo l’ormai “famoso” articolo di Vittorio Messori critico verso Papa Francesco, apparso prima di Natale, ho notato qualcosa che ha a che fare con le riflessioni attorno alle mostruose stragi di Parigi dei giorni scorsi. Messori ha espresso le sue riserve sulla frase di Papa Francesco “Dio non è cattolico”.
In questa semplice e apparentemente “scandalosa” frase c’è invece una profonda verità: Dio non è rinchiudibile in un recinto identitario terreno. Neppure in quello della sua stessa Chiesa – popolo dei credenti – da Lui voluta, sostenuta, convocata.
Questa consapevolezza ci vaccina dalla tentazione di ridurre la fede a religione, la Chiesa a organizzazione, il credere a identità culturale. E preserva il cristianesimo e il cattolicesimo dalle spinte integraliste e intolleranti che pure hanno deturpato il loro volto in passato. Li libera dalla tentazione di sentirsi parte in lotta, anche in un presunto “conflitto di civiltà”. Potendo proprio per questo levare alto il grido contro le persecuzioni ai propri membri, così come contro ogni altra oppressione e violenza, sempre e verso chiunque.
E’ grazie a questa consapevolezza che possiamo permetterci di marcare una distanza radicale da coloro che, strumentalizzando e profanando la fede sincera e pacifica di milioni di persone, uccidono affermando di farlo in nome di Dio.
Nessuno ha il diritto di farsi possessore di Dio – comunque lo si chiami – o di usarlo per i suoi scopi. A maggior ragione per atti di violenza.
Se per me cristiano ha ragione Papa Francesco a ricordare che “Dio non è cattolico”, penso si possa dire, senza mancare di rispetto ai fratelli e sorelle dell’Islam, che con la stessa logica Allah non è musulmano. E’ su questa strada che dobbiamo continuare a camminare.
San Giovanni Paolo II l’aveva intuito, con quella profetica, indimenticabile giornata del 27 ottobre 1986 ad Assisi.
Sandro Campanini, il Borgo di Parma