“Le famiglie cambiano. Guai a chiudersi nel ‘modello’”. Con questo titolo “L’Unità” del 4 giugno pubblica un articolo di Serena Noceti. La teologa e docente di ecclesiologia e antropologia teologica apprezza la prospettiva adottata dalla Chiesa per avvicinare il tema della famiglia nell’incontro mondiale tenuto a Milano, cioè il binomio “lavoro e festa”. Riconosce che la Chiesa ha saputo guardare alla “la fatica post-moderna di armonizzare i «tempi del vivere» i difficili equilibri tra la sfera del personale e le esigenze del sociale”. Ma mette in evidenza che vi sono “due questioni nodali non ancora adeguatamente tematizzate nell’immaginario cattolico: la soggettualità libera delle donne (non riducibile mai al solo «sponsale-materno») e l’autonomia di pensiero e di scelta dell’adulto”. Serena Noceti scrive: “La parola della Chiesa appare oggi poco significativa proprio perché non capace di intercettare il ridefinirsi dell’umano intorno a queste due prospettive del moderno: stigmatizza così comportamenti individuali secondo un codice non più condiviso, perpetua stereotipi di genere, si arrocca nel ripetere un già esperito, perché non si fa interpellare fino in fondo dal cambiamento delle relazioni affettive e dalla ri-collocazione della famiglia nell’insieme delle dinamiche sociali”.
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Viceversa l’attenzione di Pierluigi Castagnetti (“Quel passo in più sui divorziati”, in “Europa” del 5 giugno) si concentra, da un lato, sui ritardi della politica rispetto alla valorizzazione della famiglia come strumento di ricostruzione del “tessuto comunitario” e “termine di alterità alla fenomenologia della crisi”, e, dall’altro, su come Benedetto XVI ha affrontato a Milano il tema della pastorale dei divorziati. Scrive Castagnetti che nelle parole adoperate dal papa si può “cogliere effettivamente un atteggiamento di comprensione umana nei confronti di questi fratelli che è sicuramente un passo in più rispetto al passato”; ma aggiunge: “siamo ancora lontani dall’indicazione di percorsi penitenziari individualizzati che, a mio personale avviso, potrebbero liberare tante “seconde famiglie”, spesso realizzate con fedeltà esemplare al Vangelo e alla chiesa, dalla condanna a una appetenza eucaristica definitivamente non soddisfacibile”.
Castagnetti, infine, riconosce che “il tono usato peraltro da Benedetto XVI in tutti gli interventi milanesi, sempre rispettoso del necessario pluralismo culturale e politico e privo di anatemi, conferma la consapevolezza di una situazione che intorno all’istituzione familiare è andata modificandosi soprattutto negli ultimi decenni. Consapevolezza che non induce la Chiesa a modificare posizioni di principio irrinunciabili, ma che consente all’uomo di questo tempo di sentirla comunque vicina e buona compagna nel suo cammino”.
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