Cari amici, avete posto due domande (i grillini sono davvero una novità positiva…? il centro-sinistra ha sbagliato nella politica degli ultimi anni e in questa campagna elettorale…?) . Ecco le mie risposte.
1. Prima di giudicare i grillini definiamo bene il contesto che svelano. Il voto M5S è certamente un segnale, in sé complesso, delle diverse difficoltà di questo paese. Certamente c’è il disagio di molti e in particolare delle giovani generazioni di fronte sia alla vecchie pratiche della politica che agli scandali insopportabili della transizione. Ma sarebbe un po’ generico parlare solo di questo. Durante i sessanta anni della Repubblica ho fatto molte battaglie per un’altra politica e per un altro modello di partito: dagli anni 50 fino all’ultima battaglia nel PD per G. Bachelet come segretario regionale del partito laziale. Il fatto è che mi sono ritrovata sempre in minoranza: c’è stato o no distacco, indifferenza, e autoreferenzialità, di tanti che ora strillano allo scandalo e all’antipolitica? Quante persone per bene sono restate irrimediabilmente sole di fronte alle facili lusinghe, alla battaglie personalistiche, alla disinformazione sistematica? Questo è un altro elemento decisivo: quanto ha contribuito l’informazione, anche in questa campagna elettorale, scegliendo i protagonisti di cui parlare di più? Hanno avuto più pubblicità gli Scilipoti e i Fiorito, le Santanchè e le Minetti di tanti parlamentari di sinistra che hanno lavorato sodo per anni senza essere mai citati. Quanto dei loro progetti e delle loro battaglie sono stati commentati e spiegati ai lettori o agli ascoltatori televisivi?
Forse (ma devono, dovranno, dimostrarlo adesso) molti eletti grillini sono bravi e pieni di buone intenzioni: nessuno però, e tanto meno i loro elettori, sono in grado di dirlo ora. Sta a loro dimostrare di essere una novità positiva e non un gioco irresponsabile allo sfascio, come c’è apparso dall’unico elemento che abbiamo, i comizi di Grillo. In ogni caso lo stile, il comportamento, il tipo di comunicazione, cioè ciò che ha favorito il successo, sono stati disastrosi in sé, per la genericità dell’analisi complessiva, per l’immagine dell’Italia, per il chiarimento sui programmi, per l’astrattezza e le contraddizioni del progetto (se il progetto è la sostituzione della democrazia diretta alla democrazia partecipativa). A questi limiti, che sono però i limiti di chi ha fatto partire l’evento, non di chi lo ha accolto come salvezza, cioè elettori e eletti, bisogna dire no. Ai protagonisti che lo hanno sostenuto, parlamentari o no, bisogna spiegare dettagliatamente qualcosa di più della storia politica d’Italia, della natura della democrazia, delle risposte alla crisi, del significato dell’Europa ecc. ecc. E bisogna convincerli a collaborare nelle forme che sceglieranno se vogliono che la loro avventura sia un’avventura di liberazione. Se vogliono restare uniti hanno una scelta: uscire dall’aula del Senato per la prima fiducia e misurare il governo sulle proposte seguenti.
2. Il centro sinistra non ha sbagliato politica. Sinteticamente: ha combattuto, come poteva, il disastroso fenomeno Berlusconi, prima rendendolo indigeribile anche ai suoi antichi sostenitori in parlamento, Casini e Fini; ha costruito, almeno in parte, con certamente ancora qualche residuo negativo, il nuovo partito riformista; ha costretto Berlusconi, con la sua abnorme maggioranza, alle dimissioni, senza comprare nessuno; ha sostenuto il tentativo Monti, prima senza pretendere in un momento drammatico il prevedibile premio elettorale immediato, poi garantendo, con la giusta e ragionevole dose di critiche, il sostegno chiaro in parlamento, mentre Berlusconi impediva mediazioni sulle frequenze televisive e sulla legge elettorale, condizionava la legge anticorruzione, ecc., fino ad assumere la bandiera dell’antimontismo; ha impostato la campagna elettorale sulla linea della “serietà”, contro l’imperversare clownesco degli avversari e la evidente pressione di più lobbies.
Vorrei aggiungere che non è il caso di difendere i clowns: il loro ruolo era indubbio ai tempi delle monarchie assolute ed erano l’unica voce critica tollerabile dai potenti. Ma ora ci si rivolge agli elettori che vanno informati e convinti secondo ragione, sulla base di analisi serie della difficile situazione, degli interessi collettivi, rafforzando i possibili elementi di unità del paese perché non ce la faremo se non insieme. Il Pd non ha sbagliato né leadership, né contenuti, né stile; ha patito la sua debolezza nel sistema dell’informazione, televisiva e giornalistica, e forse ha cavalcato troppo poco quella diretta (deplorevole effetto anche della legge elettorale che non mobilita i candidati). Anche la positiva, e in parte obbligata, scelta delle primarie ha garantito troppi capetti locali.
7 Marzo 2013 at 17:53
Non mi preoccupa lo Steinbrück uomo dai giudizi impropri, più che errati. Mi preoccupa il politico tedesco dalla memoria corta. La storia insegna essere molto meno pericoloso eleggere due clown che un dittatore pazzo e sanguinario.