“Siamo stati educati ad avere fede in Dio… C’è un atteggiamento più difficile a cui non siamo abituati a pensare, ed è la fede nell’umano … Dobbiamo credere alla presenza di Dio in ogni uomo”. Lo scrive don Mario De Maio, sacerdote e psicanalista, fondatore e direttore della rivista Oreundici e dell’omonima associazione, nell’articolo di apertura del fascicolo di ottobre. E l’articolo di fondo, tratto dal libro di Arturo Paoli Cent’anni di fraternità (ed Chiarelettere) spiega che “viviamo in un mondo segnato da un calo molto rapido dell’affettività”. E aggiunge: “l’individualismo si presenta oggi come una grande minaccia. Sembra che la tecnica e le sue creazioni abbiano un solo obbiettivo: liberare la persona dal bisogno degli altri… les autres sont l’enfer…”. La comunità è in frantumi e tocca ai cristiani riscoprirla, viverla, ricostruirla anche sulla base della relazionalità e dell’affettività. Solo questa può essere una valida resistenza all’onnipotenza della tecnica, del denaro e della “massificazione” materialistica. In questo spirito la rivista ospita anche articoli e riflessioni di Adriana Valerio, Giovanni Cereti, Silvia Pettiti e della teologa musulmana Shahrazad Houshmand. Allegato al fascicolo della rivista si trova anche un agile quadernetto (“gli scoiattoli”) con testi di Roberto Mancini e Alberto Maggi fortemente critici verso la società bloccata ed egoista in cui viviamo oggi e orientati alla speranza e alla costruzione di un’umanità nuova, dove la relazione tra gli uomini sia più intensa e vivificata dall’amore.
“Di fronte a quella che Papa Francesco chiama cultura dello scarto, la famiglia può e deve essere un baluardo”. Lo scrive Francesco Soddu nell’editoriale di ItaliaCaritas di ottobre ricordando che la famiglia può e dev’essere la culla della fraternità e della solidarietà. In tema di unioni civili Domenico Rosati, nel suo contrappunto, ricorda che riconoscere non vuol dire omologare; e si chiede se un riconoscimento e una disciplina di tali unioni di fatto potrebbe aiutare maggior stabilità ed equilibrio in una società frantumata. Sorprendente poi un articolo dall’India in cui si sottolinea il ruolo importante delle lenticchie (là chiamate “dal”) per l’alimentazione di moltissime persone e specialmente per combattere la malnutrizione dei bambini. Quando si dice “per un piatto di lenticchie”, non si sa quanto siano preziose…
“Combattere la fame, non gli affamati”: sul tema il cardinale Turkson, presidente del pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha tenuto un’importante relazione all’interno dell’Expo di Milano, da lui definita “un luogo utopico” anche perché consente di ammirare la stupefacente abbondanza della creazione e la potenza dell’intelligenza umana che, quando vuole, è capace di fare cose straordinarie a vantaggio di tutti. Ecco dunque la logica di una realistica utopia: la realtà mostra che ci sono tante risorse, molte delle quali vengono dimenticate o disperse realizzando di fatto una sorta di guerra contro i poveri. Queste riflessioni e molti altri interventi e studi sul tema sono pubblicati su Aggiornamenti sociali (n 10 -ottobre 2015) e meritano davvero una riflessione accurata, seguita poi da qualche scelta coraggiosa. Tra gli altri contributi di documentazione, la rivista dei gesuiti di Milano ospita anche un documento sui cambiamenti climatici e sulla transizione energetica (che oggi è anche una sfida per la democrazia (per una ridistribuzione delle risorse nella sobrietà).
Alla difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente, dedica l’articolo di apertura La Civiltà Cattolica (n 3967 – 10 ottobre) rilevando che le attuali vicende del califfato siro-irakeno mettono in dubbio l’avvenire del cristianesimo in quelle regioni. Papa Francesco già due anni fa aveva detto: “Non ci rassegniamo a pensare il Medio Oriente senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù, inseriti quali cittadini a pieno titolo nella vita sociale, culturale, religiosa delle nazioni cui appartengono”. Certo non saranno le armi a garantire la presenza dei cristiani in quell’area, ma una capacità di riflessione e di dialogo che può e deve coinvolgere tutti. Non a caso Tareq Oubrou, grande imam di Bordeaux, ha scritto che “svuotare l’Oriente dei suoi cristiani equivarrebbe a privare il mondo arabo-musulmano di una ricchezza inestimabile. La presenza cristiana in Oriente è una chance per la pace. Proprio come lo è la presenza musulmana in Occidente”. C’è da pregare e sperare che tutti, di ogni religione e nazione, capiscano e credano proprio questo: che la civiltà e la pace si costruiscono con l’altro (anche diverso); mai contro.
(a.bert.)