Un lungo articolo di Paolo Mieli sul “Corriere della Sera” del 17 aprile 2012 (“Cultura Chiesa e diritti umani. Una lunga diffidenza”) recensisce, da storico oltre che da giornalista, il libro di Daniele Menozzi Chiesa e diritti umani. Legge naturale e modernità politica dalla Rivoluzione francese ai nostri giorni, che esce il 10 maggio dal Mulino (pp. 280, € 22).
Ne pubblichiamo la pagina finale:
“Al momento di varare la Carta dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite nel 1948 (esaltata da Maritain), fu respinta la mozione del delegato brasiliano Tristao de Athayde che chiedeva fosse inserito nella Carta un esplicito riferimento a Dio, da cui l’uomo aveva ricevuto in dono i diritti. Come reazione a questo diniego, il giudizio di Pio XII sulla Carta dell’Onu era stato negativo. Ed era partita sulla rivista dei gesuiti, «La Civiltà Cattolica», una violenta campagna di padre Antonio Messineo contro Maritain. Ma un altro gesuita, John Courtney Murray, negli Stati Uniti cominciò a battersi a favore della compatibilità tra dottrina cattolica e diritto alla libertà religiosa. Nonostante ciò, il progetto di una carta cattolica dei diritti umani, «inciampando sulle divaricazioni interne al mondo cattolico» (scrive Menozzi), non andò in porto.
E per anni fu ancora ostilità tra la Chiesa di Roma e i diritti umani come erano stati definiti dall’Onu. Finché venne la «svolta di Roncalli», la cui complessa gestazione è stata ben illustrata daAlberto Melloni in Pacem in terris. Storia dell’ultima enciclica di Papa Giovanni (Laterza).Complessa gestazione per cui lo storico parla di «debolezza, insufficienza e inadeguatezza» della svolta stessa. In seguito Paolo VI, scrive Menozzi, riuscì a non smarrire il senso profondo dell’apertura giovannea, anzi le diede spessore e ne è riprova il suo ultimo discorso del gennaio 1978, interamente dedicato ai diritti umani. Così fu anche da parte di Karol Wojtyla. Talché, nel quarantesimo anniversario della Dichiarazione universale del 1948, Giovanni Paolo II si spinse a definire la Carta dell’Onu «una pietra miliare posta sulla strada lunga e difficile del genere umano». Anche se, osserva Menozzi, lo stesso Wojtyla proponeva poi «nettamente» la tesi che «solo in parte» un ordinamento basato sui diritti umani «corrispondeva a quanto la Chiesa richiedeva come indispensabile assetto del consorzio civile». Ma, aggiunge l’autore, sarebbe sbagliato «considerare la posizione di Giovanni Paolo II sui diritti umani nei termini di una mera concessione retorica alla società moderna, compiuta con l’obiettivo reale di collocare il cattolicesimo sul terreno della modernità al fine di cercare di sovvertirne i fondamenti». Semmai sarà l’attuale stagione, quella di Benedetto XVI, che produrrà «un irrigidimento» segnato da «un invasivo ritorno della Chiesa alla legge naturale a danno dei diritti umani». Ritorno dietro il quale si intravedono tutte le «carenze di un ambiguo aggiornamento ecclesiale». Segno che non è mai stata del tutto superata «l’eredità della tradizione intransigente». E che «la pur reale volontà di apertura della Chiesa al mondo moderno e all’uomo contemporaneo non si è compiutamente tradotta in un appoggio agli strumenti che un lungo e tormentato percorso storico aveva prodotto per regolare la convivenza civile». La definitiva riconciliazione tra Chiesa e diritti umani, secondo questo libro, deve ancora venire.”
Tutto l’articolo in: http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201204/120417mieli.pdf