Così apre la postfazione del libro di Annachiara Valle, cosentina, giornalista di Famiglia cristiana, direttrice della rivista Madre e autrice del volume “Santa Malavita organizzata”, (edizioni San Paolo), mons. Bregantini, vescovo di Campobasso che sabato 5 il papa visiterà. Delle parole del papa in terra calabrese abbiamo parlato con l’autrice
“Il primo passo per uscire da questo pessimismo può essere proprio quello di cominciare a separare il male dal bene, a chiamare le cose con il proprio nome, a dire un evangelico “sì sì, no, no”. Quando Annachiara Valleha consegnato in tipografia l’introduzione del suo libro con queste parole, erano i primi mesi del 2013 e papa Francesco era appena arrivato.
Non poteva neppure immaginare un viaggio nella sua Calabria, la terra in cui bisogna “smetterla con gli uomini d’onore, tutti casa, ‘ndrangheta e Chiesa”, come è scritto sulla copertina.
Poi la tragedia del piccolo Cocò e la drammatica e appassionata visita pastorale del papa in Calabria del 21 giugno, che poche settimane prima aveva anche scelto il vescovo di Cassano, come segretario generale della Cei.
Annachiara, cosa è rimasto secondo te di questa visita nella Chiesa e nella gente di Calabria?
Intanto di sicuro quelle parole “La Chiesa deve dire di no alla ‘ndrangheta. I mafiosi sono scomunicati”. E’ stato il duro ammonimento pronunciato durante l’omelia della Messa celebrata nella piana di Sibari di fronte ad una folla sterminata accorsa da ogni parte della regione, e che a tanti ha ricordato quel “convertitevi!” tuonato da Wojtyla ad Agrigento. Nella terra delle ‘ndrine, queste parole, espresse con una forza e una chiarezza travolgente, hanno messo tutti di fronte alle proprie responsabilità. Una scomunica che è anche un forte segnale per la Chiesa, che talvolta si è dimostrata distratta di fronte alle problematicità connesse alla presenza dei fenomeni mafiosi.
Che tipo di segnale?
Se è vero che c’è una Chiesa impegnata proprio sul fronte della legalità e della lotta alla ‘ndrangheta, è altrettanto vero che c’è una Chiesa tiepida, che forse aveva bisogno di essere svegliata. Nella Chiesa ci sono sempre stati molti distinguo in merito all’esistenza o non esistenza della mafia, la pervasività o meno della mafia anche nelle strutture religiose. Le parole del Papa sono chiare. Quindi, da adesso in poi, nessuno potrà più dire “non sapevo”. Da adesso in poi la lotta sarà spedita, più di prima.
E ha indicato anche alcune strade concrete…
Sì. Nel corso della sua omelia, prima di scomunicare i mafiosi, aveva ribadito rafforzando le parole del vescovo Galantino e le attese dei cittadini onesti, e ha usato parole belle e intense: «Quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione. Quando non si adora il Signore si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza. La vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ‘Ndrangheta è questo: è adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato. Bisogna dirgli di no. La Chiesa – ha detto Bergoglio – che so tanto impegnata nell’educare le coscienze deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere”. E ha concluso con ancora più forza: “Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo domandano i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare”.
Senza nascondersi anche le difficoltà…
Infatti, ha detto anche «Certo, a volte non è facile rimanere davanti al Signore; non è facile perché siamo presi da tante cose, da tante persone…; ma a volte non è facile perché sentiamo un certo disagio, lo sguardo di Gesù ci inquieta un po’, ci mette anche in crisi…». Ha spronato però i presenti a mettersi davanti a Gesù perché lui «ci fa vedere se stiamo lavorando come buoni operai oppure, forse, siamo diventati un po’ degli “impiegati”», ha usato proprio questa espressione, certo con rispetto per chi esercita questa professione, ma volendo sottolineare che “se mettiamo al centro noi stessi al posto di essere dei canali aperti, diventiamo schermi che non aiutano l’incontro con il Signore, con la luce e la forza del Vangelo».
Nel tuo libro hai scritto di come da qualche anno, la ‘ndrangheta sia ugualmente forte, se non di più, al Nord Italia.
La mafia ha messo radici da molti decenni al nord perché è vero che la forza alla ‘ndrangheta e alla mafia in genere viene dal radicamento nelle regioni meridionali, ma gli affari le mafie, da molti anni, li fanno al nord, dove ci sono i soldi: al sud si rafforzano e al nord investono.
Da calabrese, quale eco speri che risuoni dopo questo viaggio?
ll mio auspicio è che tutta l’Italia si renda conto che la mafia va combattuta insieme. Dal nord al sud la Chiesa deve essere in primo piano perché è nella cultura religiosa che la mafia e la ‘ndrangheta hanno trovato sostegno e forza per poggiare su di un contesto sociale senza questo le mafie non sono forti e il fatto che la Chiesa finalmente prenda le distanze in modo così netto è sicuramente un colpo duro assestato alle forze delle mafie.
E ora? “Ora tocca a noi!”, dopo la bellissima Preghiera per la Calabria che conclude il libro di Annachiara, c’è una postfazione a cura di mons. G.M. Bregantini vescovo di Campobasso, che papa Bergoglio andrà a visitare. Il prete trentino, a lungo pastore nella difficile locride, con “il privilegio di scrivere questa mia postfazione proprio nella settimana in cui la Chiesa ha proclamato “beato” padre Pino Puglisi”, afferma: E’ necessario continuare l’opera preziosa ma difficile di purificazione e di presa di coscienza che questo libro di Annachiara Valle indica con chiarezza”.
La strada è lunga, ma non impossibile.