Patto per la pace o patto per la vittoria?

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di Sandro Antoniazzi

 

Qualche tempo fa Zelensky affermava che avrebbe presentato un patto per la pace, ma nelle settimane recenti questo patto si è trasformato in patto per la vittoria.

Quando si parla di patto per la pace, in genere si pensa a un onorevole compromesso tra le parti, dove ognuno dei due contendenti rinuncia a qualcosa.

Il patto per la vittoria è un patto di guerra, un’escalation, una guerra portata a un livello più alto e pericoloso.

E’ sufficiente in proposito esaminare i singoli punti del patto: quattro su cinque sono chiaramente rivolti a realizzare le condizioni per consentire il rilancio della guerra e per difendere militarmente l’Ucraina domani.

Solo un punto (il quarto) si presenta con connotati meno bellici: quello della proposta di collaborazione con gli stati amici per lo sfruttamento delle allettanti miniere di uranio, titanio e litio. Ma queste miniere vanno pure difese oggi e domani e dunque la chiamata in causa dei paesi amici si presenta come un’arma a doppio taglio.

Ma partiamo dal primo punto che è sufficiente da solo a mettere un macigno di traverso a qualunque prospettiva di pace con la Russia: si tratta della proposta di entrare al più presto a far parte della NATO.

E’ noto che la partecipazione alla NATO obbliga tutti i paesi aderenti a venire in aiuto di un paese attaccato, dunque questa richiesta equivale a chiedere alla NATO di entrare in guerra contro la Russia.

Uno dei motivi che ha mosso l’invasione russa, al di là della contesa territoriale, è proprio l’espansione della NATO nelle ex-repubbliche sovietiche e socialiste per le quali c’era una promessa non scritta di evitare l’ammissione.

Pensare all’Ucraina nella NATO non è solo uno schiaffo a Putin, ma significa portare la NATO ai confini della Russia. E’ come scherzare col fuoco: il contatto diretto potrebbe solo significare una tensione permanente, un riarmo generalizzato, un pericolo costante di incidenti con conseguenze inevitabili.

Il secondo punto della proposta di patto prevede la richiesta di armi a lungo raggio per colpire obiettivi in Russia.

La strategia di Zelensky da tempo è diretta a coinvolgere i paesi europei e della NATO nel conflitto, se non direttamente, almeno attraverso la partecipazione ad alcune azioni militari.

La Russia ha già detto chiaramente che gli Stati che collaboreranno a questa proposta saranno considerati cobelligeranti, con relative conseguenze.

Andrebbe poi considerata la strategia ucraina, tenendo presente la situazione reale delle forze in campo.

In Ucraina le truppe russe avanzano costantemente, sia pure lentamente, e forse questo spingerebbe a dare priorità alla difesa del territorio, tanto più che la linea sinora seguita dalla NATO è stata quella di sostenere la difesa del paese, ma non di attaccare la Russia (e a questa linea si attiene correttamente l’Italia).

L’idea di Zelensky è duplice: portare la guerra in Russia (in modo che anche il popolo russo provi che cosa significhi la guerra e pertanto si rivolti contro Putin) e conquistare dei pezzi di territorio russo da scambiare domani nella possibile trattativa futura.

Ma portare la guerra in Russia vuol dire scatenare una reazione incontrollabile che non sappiamo fin dove possa arrivare (a meno che non si punti a un allargamento del conflitto che renda necessario l’intervento della NATO) e per quanto riguarda la conquista di territori, sembra molto difficile che possa accadere ancora.

La conquista di Kursk è stata un’impresa indovinata e fortunata, un avamposto conquistato con la sorpresa e che oggi è difeso con molta fatica.

La terza proposta e la quinta riguardano la deterrenza futura (non nucleare) e il rafforzamento e la modernizzazione dell’esercito ucraino; per quanto riguarda la prima, la deterrenza in genere comporta l’intervento di forze diverse dai due contendenti per garantire il rispetto degli accordi, mentre il potenziamento dell’esercito ha un chiaro significato di sfida permanente nei confronti della Russia.

Chiaramente, dunque, non si tratta di un patto per la pace, e neppure di una base di discussione con l’avversario, ma di un patto rivolto alla NATO per ottenere un intervento a un livello ulteriore.

Del resto, Zelensky è stato esplicito affermando che la pace sarà possibile solo con la vittoria e con il ritorno all’Ucraina di tutti i territori che sono stati occupati dai russi.

E’ un modo di considerare la pace che esprime la posizione di una delle due parti, l’Ucraina, che è la parte lesa; però le parti sono due e sarà necessario tener conto anche dell’altra.

Occorrerà trovare un compromesso sui territori (tenendo conto che appartenevano all’Ucraina, ma che la presenza e influenza russa è significativa, come in tutte le zone di confine) e soprattutto occorrerà un accordo Russia-NATO per garantire l’equilibrio strategico reciproco a tutela della sicurezza europea.

E poi non sarebbe meglio per tutti un’Ucraina più neutrale che facesse da ponte tra Europa e Russia, svolgendo in questo caso un vero ruolo di pace? Proposta irricevibile nell’immediato, ma teniamo presente anche il futuro e la possibilità di soluzioni di più lungo respiro.

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