Continuiamo la nostra discussione, ad ampio raggio, sul rapporto tra Democrazia, partecipazione e cittadinanza. Questa volta lo abbiamo fatto con Eugenio Caggiati, per anni presidente del circolo Il Borgo di Parma, di ispirazione cattolico-democratica, ora nel Consiglio della Fondazione Caritas di Parma, e nel Consiglio provinciale di Confcooperative, insomma, una figura rappresentativa dell’associazionismo culturale parmense.
Eugenio, ha senso un’alternativa secca tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa, così come viene intesa oggi da alcuni? Su quali cardini costruire il giusto mix per non rendere la prima residuale né la seconda utopistica?
Credo, innanzi tutto, che le due esperienze non siano in antitesi come qualcuno vuole a tutti i costi fare emergere. Anzi credo che entrambe possano e debbano coesistere, a livelli diversi, per esprimere una vera democrazia. Sentirsi “cittadini” di una nazione vuole dire coltivare la cultura della partecipazione, attivare strumenti di democrazia partecipativa, applicabili almeno a livello locale, specie nella fase dell’elaborazione e del confronto (quartieri, associazionismo, enti utili, scuola, ecc). Sono però anche convinto che le scelte politiche, legislative ed amministrative, possono concretizzarsi solo attraverso le regole di una democrazia rappresentativa che sappia governare nell’interesse del bene comune.
Come riattivare la partecipazione democratica alla vita della comunità senza perdere in processi decisionali lenti che rischiano di deresponsabilizzare le istituzioni?
E’ importante concretizzare la partecipazione alla vita democratica partendo da esperienze di quartiere, nel luogo di lavoro, nel libero associazionismo. Logicamente sarebbe importante che i partiti cambiassero pelle coordinando il confronto democratico anche sui grandi temi nazionali e locali e non perdendosi nel particolare secondo i propri interessi. Alcune riforme istituzionali (es. abolizione del bicameralismo, semplificazione delle normative) sono indispensabili. Sarebbe utile attivare uno spazio politico ”ufficiale” on line, ma anche reale in ogni città, collegati in una rete nazionale, per accogliere quanti volessero fare proposte, portare progetti, chiedere spiegazione su problemi, favorire collegamenti con le istituzioni… (e non per fare richieste per se stessi.)
Il senso di partecipazione nasce anche dal senso di cittadinanza, dalla condivisione di un’appartenenza ad una comunità, piccola o grande che sia, ma che crea reti e relazioni. Il rischio però è che si creino “appartenenze corte” finalizzate alla soluzione di singoli problemi spesso in contrasto con soluzioni diverse proposte da altre piccole comunità. Come uscirne?
E’ un rischio reale, anche logico, ma è un rischio da correre; i partiti stessi ne sono un’espressione. E’ importante favorire prioritariamente una cultura aperta all’ascolto ed al confronto. Utile a tale scopo sarà anche fare crescere, valorizzare ed utilizzare spazi e progetti condivisi. Molto importante per gestire bene questo rischio è la positiva utilizzazione della comunicazione e di reti democratiche.
Qual è il ruolo della leadership in una politica sempre più personalizzata: con una leadership debole non si trascina alla partecipazione; ma con una forte si finisce per indebolire il senso di responsabilità alla base di ogni autentica partecipazione.
Una leadership forte in politica è necessaria anche per la democrazia e per indicare una strada (si spera positiva) per un futuro. Logicamente deve essere un leader che rispetta le regole della Costituzione e della democrazia, che sa dialogare con gli altri e con il suo popolo. Il vero leader, infatti, è colui che sa interpretare il popolo, esprimere gli obiettivi comuni, fare sintesi coraggiose individuando le strade verso il bene comune, fare squadra ma assumendosi le proprie responsabilità. La leadership può e deve essere forte anche senza essere troppo personalizzata, se sa proporre una politica tesa al bene comune; una leadership molto personalizzata potrebbe nascondere un’intrinseca debolezza. Va sottolineato, però, che spesso è un’informazione debole ed ignorante che ha bisogno di personalizzare le scelte per creare tensioni e suscitare un consenso per se stessa, stravolgendo il proprio ruolo di corretta informazione.
Gli attuali strumenti della partecipazione (referendum; petizioni e iniziative di legge popolari, …) sembrano datati e ormai consunti: eppure garantiscono anche interventi diretti del cittadino. Come rinnovarli per rilanciarne il compito?
L’uso eccessivo dello strumento referendario ha consumato il referendum; la debolezza e la lungaggine antidemocratica di un Parlamento bicamerale ha reso inutili le iniziative di legge popolari. Se un Parlamento rinnovato funzionasse ed andasse ogni 5 anni ad una corretta verifica, la democrazia sarebbe comunque salva ed operante. Oggi, ed ancor più domani, comunque, un uso intelligente dei nuovi linguaggi potrebbe facilitare nuove forme referendarie (l’esperienza della consultazione praticata dal Movimento 5 stelle potrebbe essere rivisto, e reso democratico).
L’informazione è fondamentale per attivare una partecipazione consapevole e non occasionale. Come fare a sviluppare meccanismi ordinari di informazione in grado di contribuire a fare scelte consapevoli e ponderate?
L’informazione deve essere più corretta ed attenta ai problemi; deve informare, non suscitare piccoli e costanti caos personali. Deve essere rivisto e meglio organizzato il contributo pubblico ai giornali, finalizzato ai servizi di distribuzione non alla produzione del giornale. Oggi, comunque, ed ancor più domani, internet può essere un aiuto positivo, spesso rischioso, ma democratico e diffuso con spese limitate.
I canali ordinari di verifica dell’operato delle istituzioni (la rendicontazione, l’audit…) debbono necessariamente confrontarsi con i saperi specifici e con le esperienze acquisite che spesso la cultura dell’immediatezza e del confronto sulla piazza spinge a trascurare nel nome della ricerca del consenso. Quali strumenti utilizzare per non scadere nella superficialità e nell’approssimazione?
E’ necessario programmare una campagna generalizzata ed organica per dare dignità, etica e consapevolezza al Paese, alla sua classe dirigente, a quella produttiva ed a tutto il popolo. E’ opportuno attivare spazi e strumenti di confronto e verifica ad ogni livello, dal locale al nazionale. La scuola, la politica, la produzione, l’informazione devono sentirsi parte di un comune progetto, dalle comunità locali a quella nazionale, per un recupero di dignità del presente e di serietà per il futuro. E’ purtroppo logico che una società in crisi culturale e morale non possa che vivere nella superficialità e nell’approssimazione.
Corpi intermedi e criteri di rappresentanza: anche le associazioni di categoria, dei consumatori, i comitati di quartiere, le associazioni di malati o comunque di portatori di interesse, che attuano più volte meccanismi di partecipazione hanno bisogno di riconoscimenti di legittimità. Con quali criteri? Possono bastare la costituzionalità degli statuti fondativi o il numero degli iscritti?
I corpi intermedi devono acquisire una specifica, legale e riconosciuta titolarità nel proprio settore. Devono esistere, ad ogni livello, “albi” con normative adeguate che certifichino le legittimità dell’esistere e dell’operare. E’ molto importante una certificazione annuale sulla regolarità dei finanziamenti raccolti; deve essere controllata (ogni 4/5 anni) e garantita anche la rappresentatività democratica dei vari enti che intendono essere riconosciuti come corpi intermedi. L’istituzione deve, però, assumersi le proprie responsabilità dopo avere ascoltato i portatori di interesse, senza esserne succube.
Quali possono essere sedi ordinarie e concretamente praticabili per attivare meccanismi partecipativi?
La famiglia, la scuola, la società sportiva, l’oratorio, il sindacato e la fabbrica sono sedi e spazi normali per educare all’attivazione quotidiana e generale di meccanismi partecipativi. L’associazionismo culturale ed il volontariato sociale sono già un livello più impegnativo per attivare e concretizzare meccanismi partecipativi. Il partito politico (rivisitato e rilanciato), il quartiere e l’ente locale, la comunicazione sono, infine, le sedi più opportune e reali per dare concretezza a nuovi e concreti meccanismi di partecipazione.