Perché sbaglia l’opposizione interna del Pd

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L’opposizione interna del PD non solo sbaglia, ma continua purtroppo e pervicacemente nei suoi propositi, salvo uno salutare ripensamento.

Il comportamento dell’opposizione è errato per almeno tre seri motivi.

Il primo attiene al comportamento scorretto che ormai ripetutamente ha manifestato in sede di votazione al Parlamento.

Può darsi che su singoli argomenti, articoli, testi, l’opposizione abbia delle ragioni, almeno parziali, ma ciò non giustifica assolutamente, in nessun modo,  che in sede di votazione ci si comporti in contrapposizione al partito.

Si sfiora poi il paradosso quando questa opposizione, all’indomani delle elezioni locali, ha sostenuto  che gli elettori si allontano dal partito e non lo votano  per via della politica della maggioranza. Ma se loro che sono parlamentari del PD non votano il Partito, perché dovrebbero votarlo gli elettori?

A prescindere dai contenuti questo loro atteggiamento non è per nulla scusabile e rappresenta un “vulnus” profondo e inaccettabile delle più elementari regole di convivenza di un partito democratico.

In secondo luogo i problemi di contenuto sembrano in verità non costituire la materia vera del contendere.

Già agli inizi della legislatura lo diceva  in modo esplicito Gianni Cuperlo: “ci hanno sfilato di mano il partito”;  e in una riunione a Roma al gran completo  l’opposizione affermava sinteticamente: “non finisce qui, ci faremo sentire”.  Scattava l’operazione di rivincita.

Renzi  non aveva accettato  l’invito “politico” di D’Alema che suonava “tu non partecipare alle primarie, pensa al Governo” (sottinteso, ma non troppo, il partito lascialo a noi).

Dunque l’atteggiamento rigido dell’opposizione va ben al di là delle questioni di merito e ha come fine quello di attaccare e indebolire Renzi, con un obiettivo almeno intermedio, e cioè che Renzi  riconosca l’esistenza di una componente di opposizione con cui sia obbligato a trattare (sempre, fino al logoramento).

E’ ciò che Renzi rifiuta e penso che abbia delle buone ragioni per farlo.

In terzo luogo è significativo che l’atteggiamento dell’opposizione in tutte le varie questioni affrontate si esprima tendenzialmente col no. Spesso la posizione consiste nel difendere l’esistente come se questa fosse la posizione più avanzata (vedi jobs act e problema scuola).

E anche l’accanimento sulle questioni istituzionali dimostra, almeno a mio parere, la mancanza di idee chiare su quali siano le grosse questioni  su cui si decide il futuro del paese (mentre avanza paurosamente il populismo di destra, continuano senza tregua le immigrazioni, e le tensioni sullo scenario internazionale si aggravano ogni giorno di più).

Ho usato il termine opposizione e mi sono guardato da usare il termine sinistra. Le radici di questo gruppo sono purtroppo quelle di una volta. Se si vuole usare il termine  sinistra, occorrerebbe dunque aggiungere la sinistra di ieri.

E’ vero che nel partito esiste un’area di cultura affine, ma appunto il PD è nato per  superare – con il confronto e democraticamente – le posizioni di un tempo. Altrimenti perché dare vita a un partito nuovo?

La sinistra di oggi ha ben poco da imparare da questa opposizione che più presto smette il suo gioco pericoloso,  meglio è;  non solo per il PD, ma anche per la situazione politica, che si presenta sempre più delicata e in pericolo.

E forse questo finalmente consentirebbe di parlare seriamente del partito e della cultura politica di cui manca e di cui ha bisogno.

 

1 Luglio 2015                                                                                                                    Sandro Antoniazzi

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