Il 9 dicembre al salone della piccola editoria è stato presentato il libro “Dove stiamo andando? Democrazia e lavoro nell’età dell’incertezza” di Pierre Carniti, con prefazione di Gad Lerner, curato da Vittorio Sammarco per Altrimediaedizioni. Questo l’intervento di uno dei recensori
Carniti non è solo un “sindacalista d’assalto”, come lo definisce Gad Lerner nella prefazione, ma è anche un politico con grandi conoscenze dei cambiamenti in atto. Come sottolinea Vittorio Sammarco nella introduzione, “per affrontare i nuovi problemi con qualche probabilità di successo servirebbe una cultura politica che non può non nascere dall’analisi dei numeri, dei dati, delle informazioni, a cui Carniti non manca mai di riferirsi”. Conoscendo Pierre da decenni, entrambi gli apprezzamenti non mi hanno sorpreso. Purtroppo, pochi politici e sindacalisti nostrani si dotano delle conoscenze necessarie per capire i grandi cambiamenti in atto.
Nel saggio si descrivono con chiarezza gli effetti che questi cambiamenti – globalizzazione, tecnologie, iperfinanzirizzazione – hanno avuto e stanno avendo sul lavoro e sulla condizione umana in generale. Questi fenomeni, poco compresi e mal studiati dalla sinistra in Italia e nel mondo, hanno portato le forze del capitale e dell’egoismo a prevalere nettamente sulle forze del lavoro e della solidarietà, producendo una svalutazione e precarizzazione del lavoro, una riduzione dello stato sociale, l’interruzione di quell’ascensore sociale di cui, dalla rivoluzione industriale sino agli anni settanta del secolo scorso, classe operaia e ceto medio avevano goduto.
L’ideologia liberista – “libertà senza eguaglianza e mercato dominante su tutto” – ha sinora prevalso nettamente su quella progressista – “eguaglianza nella libertà e accettazione del mercato motore dello sviluppo, ma non padrone, con lo Stato garante dei diritti fondamentali, istruzione, sanità etc”-. Oggi l’evidenza dei numeri dimostra che i paesi nord-europei a maggior eguaglianza sociale sono anche quelli a più alto sviluppo. La svalutazione e precarizzazione del lavoro e l’aumento scandaloso delle diseguaglianze, in Italia come negli Stati Uniti e nella maggioranza dei paesi industriali, hanno prodotto la cosiddetta “società dei due terzi” – un terzo sempre più ricco e le masse sempre più povere – che è all’origine della crisi economica in atto (una crisi da scarsa domanda).
Il processo storico di riduzione degli orari di lavoro, dalle 3000 ore all’anno di fine Ottocento alle 1700 ore a fine Novecento, che aveva consentito la quasi piena occupazione nella maggioranza dei paesi industriali, si è invertito negli anni settanta contribuendo agli alti tassi di disoccupazione oggi dominanti. Solo i paesi europei che hanno continuato sulla via delle redistribuzione del lavoro e dell’eguaglianza sociale – Germania, Francia, Olanda, Austria ed i 4 paesi scandinavi – possono oggi vantare tassi di occupazione più alti (70% contro il nostro 57%), anche grazie ad orari di lavoro più corti (1400 ore contro le nostre 1800).
Carniti propone forme di redistribuzione del lavoro sia come forma anticiclica (orari flessibili al variare della domanda) che per avvicinare la piena occupazione. In sintesi l’autore propone un “radicale cambiamento di cultura e di politiche”. La via non è facile – Lenin diceva che è più facile tagliare le teste che cambiarle -, ma va percorsa se vogliamo lottare per una rivalutazione del lavoro ed un destino migliore delle nuove generazioni.
23 Dicembre 2012 at 00:24
Pierre Carniti è tuttora il mio maestro di impegno sindacale: ogni suo scritto è un’occasione per riflettere. Per questo leggerò questo suo nuovo libro con attenzione. Vi ringrazio della segnalazione.