Polonia: lo Stato di diritto in una democrazia giovane

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di Mario Chiavario

Vittoria, dunque, in Polonia, dell’europeismo contro il sovranismo. Era questa, del resto, la sfida attorno alla quale aveva finito per polarizzarsi maggiormente una vibratissima campagna elettorale, raggruppando, attorno alla bandiera europea, la più gran parte delle forze di opposizione al partito del primo ministro uscente.

Se, soprattutto dall’esterno, ci si ferma a quella contrapposizione si rischia forse di trascurare altre spinte che possono aver motivato le opzioni degli elettori (si pensi soltanto a quelle di carattere economico-sociale, condizionate da tanti fattori anche individuali di disagio). Ma il suo peso sembra innegabile, specialmente se dagli slogan si passa a qualcuno tra i temi più specifici sui quali il contrasto ha preso corpo. Così è per due fra le scelte più caratterizzanti della politica del partito “Diritto e giustizia” da anni al potere, che hanno suscitato le più forti tensioni con l’Unione europea, oltreché con la più gran parte delle forze di opposizione: la chiusura totale all’immigrazione extracomunitaria, con respingimenti di massa e con drastici rifiuti di ricollocamenti di migranti approdati altrove in Europa; e il progressivo smantellamento di pilastri basilari dello Stato di diritto -libertà di stampa e indipendenza della magistratura- fino al sostanziale asservimento della Corte costituzionale all’Esecutivo. Sull’uno e sull’altro versante il P.i.s. ha chiaramente perso molti, e significativi, consensi. (C’è da dire, anche, che, oltre alla frana nelle votazioni per la Camera dei deputati, va messo in conto il fallimento dei referendum -in parte sull’immigrazione- proposti contestualmente all’elettorato, con quesiti grossolanamente confezionati in modo da suggerire un voto favorevole alla linea cara al Governo).

Da questo punto di vista è pressoché certo che la prevedibile formazione di un Esecutivo composto da tutte le maggiori forze di opposizione porti a un radicale ribaltamento della situazione, cancellando l’immagine e la realtà di un Paese che sembrava aver smarrito il ricordo del prezzo pagato nella storia a più riprese per faticose conquiste e riconquiste della democrazia.

Si deve aggiungere che gli attacchi allo Stato di diritto, recentemente posti in essere dalla destra polacca, hanno inquinato pure il confronto (e gli scontri, anche di piazza) su problemi che meritano invece di essere considerati anzitutto in quanto tali: quelli che non a torto vengono considerati tra i più “sensibili eticamente”. Tra l’altro, è stata la “nuova” Corte costituzionale addomesticata, a legittimare alcune norme sull’interruzione di gravidanza che hanno visto profondamente divisa l’opinione pubblica, dando, per reazione, una motivazione in più a chi rivendica in proposito una libertà insofferente non solo di qualsiasi restrizione legale ma altresì di procedure dissuasive e di offerta di alternative all’aborto, quand’anche questo si palesi accettato soltanto per mancanza di sostegni della società e delle istituzioni alla crescita del nascituro.

Un interrogativo è lecito porsi: che farà un eventuale governo formato dalla “Coalizione civica” di Tusk con la sinistra socialista e con quella “Terza via” divenuta una vera e propria, e consistente, terza forza superando largamente nei voti il più roseo dei sondaggi. Prevarrà l’estremismo di chi vuole stabilire una libertà di aborto senza limiti e senza contrappesi o si cercherà una ragionevole linea di pur difficile armonizzazione tra diverse esigenze, che non penalizzi le donne, già vittime esse stesse di una scelta oggettivamente sempre tragica, ma che non faccia neppure dell’interruzione della gravidanza un traguardo da imporre psicologicamente come obbligato in nome di un’ideologia?

Il copione lo conosciamo. Anche in Italia tutto sembra spesso ridursi al muro contro muro tra la strumentalizzazione del diritto alla vita, mescolato in battaglie che ne fanno tutt’uno con la xenofobia e le nostalgie autocratiche, e un’intolleranza anche solo al sentir parlare di promozione delle alternative all’aborto. Dev’essere sempre e dappertutto così?

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