Gianroberto Casaleggio rilascia un’intervista, all’inglese The Guardian (“Nessuna fiducia ad alcun governo”, La Stampa) e dice che M5S vuol governare da solo. Per Claudio Sardo, direttore dell’Unità, “Né governissimi, né proroghe”, cioè o l’accordo Pd-Grillo o le urne. Diversa sembra l’ipotesi di Stefano Menichini, direttore di Europa, che stimola Renzi a farsi avanti nel Pd per attrezzarsi a una possibile sua chiamata (“Ma il tempo sta per arrivare”). Su Renzi sembrano contare in molti: per esempio Piero Alberto Capotosti (“Governabilità, una road map”, su Il Messaggero), Sergio Fabbrini (“Tenere aperto un piano B”, su Il Sole 24Ore), e anche Goffredo Bettini (“Un esecutivo a tempo, e non può guidarlo Pier Luigi” su Il Mattino). E forse anche Walter Veltroni (“Niente governissimo e blandizie ai cinquestelle”, su l’Unità) e Claudio Cerasa su Il Foglio (“Bersani e la sfiducia di Napolitano”). Rizzo e Stella sul Corriere chiedono invece al Pd di tirare dritto e fare le riforme che la gente aspetta, perché questa è la grande occasione (“Un taglio serio, ora o mai più”). Su Il Fatto quotidiano Tommaso Giuntella si lamenta per come il Pd ha trattato lui e… il web, e punta a rincontrare Bersani per convincerlo a cambiare modo di comunicare (“L’avevo detto, il giaguaro non basta”). Ceccanti spiega sull’Huffington Post come funziona “la fisarmonica del Presidente della Repubblica” e dice che è da lì che verrà la soluzione della crisi. E Roberto D’Alimonte, che sul Sole 24ore ha fatto i conti, spiega che per eleggere il prossimo presidente possono bastare i voti di Pd, Sel e Scelta Civica (”Dopo Napolitano. Il calcolo dei voti”).