Quel premio di maggioranza può falsare la rappresentanza

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Commento al Testo base sul sistema di elezione del Parlamento all’esame della Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati

 Avrei preferito un impianto del tipo “confronto e trasformazione”, chiaramente tratto dalla famiglia dei maggioritari. E’ stato scelto (ancora) un impianto del tipo “ciascuno si porta a casa il proprio”, un proprio (le maggioranze relative dei partiti italiani di una qualche stazza) che, essendo sempre più modesto, si cerca di preservare un po’ accidiosamente blindandolo (con soglie di sbarramento e premi).

      Scontato l’impianto, il principale punto critico della proposta all’esame del Parlamento mi sembra il premio quale risulterebbe nel caso di ballottaggio (cioè l’ulteriore gara concessa ai primi due partiti/coalizioni del primo turno, nessuno dei quali sia stato in grado di superare la prestabilita percentuale di voti del 35%).

       Preciso sin d’ora: il punto di riferimento sono i risultati del primo turno. E’ il primo turno, per così dire, l’imponibile delle elezioni: puoi operare riduzioni ed estensioni, applicare sanzioni, sconti o premi, ma sempre sulla base dell’”unico”.

     Si dice: “al ballottaggio il premio te lo mettono in tasca gli elettori, non la legge” (M. Ainis, 21.1.2014,  Il Corriere della Sera)”. Ma quali elettori?

      Nella proposta del Pd non esiste una soglia minima di accesso al ballottaggio che garantisca, ai fini dell’esistenza del premio, che i primi due partiti ammessi siano pur sempre rappresentativi di una larga quota dei voti espressi.

      Dalla gara del secondo turno (la gara per la maggioranza assoluta dei seggi e il potere di governare) potrebbe così venire “espulsa”, vanificata, una grande percentuale di voti: nelle elezioni 2013 sarebbe stato escluso il 41,37%, una cosa francamente irragionevole e sproporzionata(1). Per dare l’dea del problema, mi chiedo cosa potrebbe fare un tradizionale elettore del Pd, nell’ipotesi che questo partito giungesse terzo e quindi fosse escluso dal ballottaggio. Potrebbe votare per Berlusconi? Potrebbe votare per il Movimento 5 Stelle? Non andrebbe a votare?

     Ma soprattutto, anche col ballottaggio l’indicato valore massimo del premio (il 18%) sarebbe sempre un valore variabile e di fatto potrebbe diventare ben superiore (dovendosi prendere a riferimento, come ho detto, i risultati del primo turno). Proprio quello che la Corte Costituzionale ha voluto censurare nella legge “Calderoli” (specialmente per un sistema elettorale ad impianto proporzionale come immaginato dalla proposta all’esame del Parlamento), cioè la trasformazione di “una maggioranza relativa di voti, potenzialmente anche molto modesta, in una maggioranza assoluta dei seggi”, con la conseguente “oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica” (2).

     In realtà, nella proposta del Pd mi sembrano mancare, per superare i test di ragionevolezza e proporzionalità della nostra Corte, sia una soglia minima per potere comunque aspirare a un premio, sia una soglia per avere accesso all’eventuale secondo turno. In mancanza, il doppio turno nazionale con ballottaggio (l’improprio “doppio turno di coalizione” della proposta) è un artificio arbitrario per fare tornare a tutti i costi un conto che, nelle cose, non può proprio tornare.

     In realtà il doppio turno (con ballottaggio o più candidati al secondo turno) applicato alla formazione di un’assemblea legislativa (la Corte ci ha ricordato che può riformare la Costituzione!) si giustifica solo nei collegi uninominali dei sistemi maggioritari. Altrimenti va limitato all’elezione di organi monocratici di tipo esecutivo.

    Per quanto riguarda le preferenze, anch’io sono contrario: appartengono alla logica dell’individuo isolato in faccia al potere, si sente un sovrano ma da solo è in realtà debole e facilmente corruttibile.

Tuttavia, per evitare il “Parlamento dei nominati” (un problema che non si può eludere!), o si immaginano differenti soluzioni di sistema – tipo collegio uninominale maggioritario come in Francia (*) – o ci si acconcia alle preferenze. Nemmeno le liste bloccate corte  sarebbero facilmente digerite dagli elettori.

 

Domenico Cella  domenicocella47@gmail.com

 

(1) Elezioni politiche 2013, Camera dei Deputati (non ricompreso il voto della Valle d’Aosta e degli Italiani all’estero): Movimento 5 Stelle 25,56%; coalizione Monti 10,56%; altri: 5,25%. Percentuale di voti dei primi due partiti e coalizioni:  PD   25,42%, coalizione centrosinistra 29,55%; PdL 21,57%; coalizione centrodestra 29,18%;

(2 ) Corte Costituzionale, sentenza 1/2014, 13 gennaio.

(*) Per evitare i “nominati”  non è importante solo poter votare, è importante anche potersi eventualmente candidare, magari contro il candidato ufficiale del proprio partito se lo si ritiene inadeguato. Infatti il doppio turno francese è sì, nel collegio, una gara per un solo seggio, candidato contro candidato, ma almeno potenzialmente consente, al secondo turno (il turno che conta per fare l’eletto), più candidati della stessa coalizione.

 

 

One Comment

  1. La Corte ha semplicemente detto che ci vuole una “soglia minima” per dare il premio. Si può discutere se sia opportuna al 35 o oltre, ma non è paragonabile al sistema di prima. Forse è più sensata al 38 tenendo conto che altri sistemi proporzionali a turno unico prevedono appunto un premio esplicito esattamente del 15 (Grecia) o implicitamente della stessa quantità (Spagna).
    il doppio turno di coalizione serve a dare una legittimazione quando non si arrivi a tal soglia: nessuno è escluso, tutti gli elettori rientrano potenzialmente in gioco, anche quelli spinti a votare il meno distante, esattamente come nei collegi o per i sindaci.
    Il punto è che partendo da un sistema spappolato non basta un maggioritario locale, serve anche un premio che bipolarizzi nazionalmente, se ci teniamo al cittadino arbitro.

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