Referendum: non solo un “no” motivato e pacato

| 4 Comments

L’autore è professore emerito,

già ordinario di Diritto processuale penale

all’Università degli Studi di Torino

 

Condivido anch’io, in buona parte, le argomentazioni che hanno indotto 56 docenti e studiosi di diritto costituzionale ad esprimere un motivato e pacato “no” al prossimo referendum sulla riforma costituzionale approvata dal Parlamento senza la maggioranza qualificata che l’avrebbe resa immediatamente esecutiva.

Per parte mia, e per quel che vale, avrei tra l’altro messo maggiormente in evidenza, non solo e non tanto l’insostenibilità della comparazione tra una diminuzione di garanzie istituzionali e una riduzione della spesa pubblica (argomento razionalmente ed eticamente ineccepibile, ma verosimilmente tale da apparire ai più come una semplice scusa per continuare ad evitare quest’ultima) ma piuttosto  la contraddizione tra lo sbandierato risparmio che la riforma comporterebbe (argomento che, correlativamente, temo sia fortemente capace di far presa sul grosso pubblico) e il mantenimento dell’enorme numero attuale di deputati (630!), non certo bilanciato dall’esiguo numero di senatori … a costo (quasi) zero: non comporterebbe certo costi maggiori un sistema imperniato su una Camera, poniamo, di 300 deputati, eletti con un sistema idoneo a garantire maggioranze stabili (e alla quale attribuire in esclusiva – così come stabilisce la riforma – l’elezione del Governo e il mantenimento del controllo sui suoi atti attraverso il collaudato rapporto fiduciario, nonché la legislazione ordinaria) e un Senato, poniamo, di 200 componenti, per metà rappresentativi delle realtà territoriali e per metà da eleggere su scala nazionale, con sistema rigorosamente proporzionale  a tutela di tutte le minoranze non proprio infime (e chiamato – come solo in parte prevede la riforma, e del resto,  appunto, in una ben diversa composizione che ne sminuisce proprio la funzione di garanzia – ad esercitare funzioni di garanzia, come la partecipazione al  procedimento formativo della leggi costituzionali e di altre leggi in materie “sensibili”, e, soprattutto, un ruolo determinante per l’elezione di organi come il Presidente della Repubblica, i giudici costituzionali, i componenti del C.S.M. …).

Al di là delle argomentazioni “pro” o “contro” questa riforma costituzionale, c’è peraltro qualcosa che mi sembra ancora più importante, almeno per chi voglia sottrarsi alla logica perversa che porta a legare riforma costituzionale e sorti del Governo in carica (logica, per vero, in cui il premier ci mette del suo,  ma che trova espressioni e toni ancora meno accettabili anche nella più gran parte degli oppositori “politici” alla riforma).

Mi riferisco all’assunzione di precise responsabilità, almeno su due fronti.

Il primo è quello dell’impegno, da esercitare in ogni sede possibile, perché si cerchi di arrivare a un voto separato su singole parti del progetto, superandone l’eterogeneità. Il secondo dovrebbe riguardare l’eventualità di una vittoria dei “no” ad un unico referendum o comunque sulle parti qualificanti dell’attuale testo (nel caso di “spacchettamento”). Mi sembra cioè che sin d’ora occorrerebbe estrema chiarezza nell’impegno per sollecitare e portare avanti in sede parlamentare alcune specifiche linee di riforma alternativa, meglio se poche ma qualificanti: e non solo tra quelle di segno opposto al testo su cui siamo chiamati a votare, ma anche tra quelle che possono andare nella stessa direzione, a cominciare da un netto “basta!” con quel bicameralismo paritario i cui persistenti inconvenienti hanno alimentato per reazione proprio quelle derive che oggi temiamo possano abbassare i livelli di autentica e piena democrazia.

 

Mario Chiavario

4 Comments

  1. Vuoi vedere che continuando a fare affermazioni fuori luogo che hanno il sapore del ricatto, come quella di Renzi che dice che se non passa il referendum lui smette di fare politica e quella della Boschi che colloca chi sceglie il “no” alla pari dei fascisti di Casa Pound, il “no” al referendum avrà sostenitori inattesi perchè indisponibili al ricatto? Renzi è ancora in tempo a “cambiare verso”: al di là del merito, affatto marginale per le soluzioni che propone e i problemi che crea, le regole del vivere e convivere non sono materia di governo e della maggioranza che lo sostiene, perché così si legittimerebbe la prossima maggioranza politica a fare altrettanto, dunque non sì pongano in atto ricatti di sorta, e soprattutto sì consenta che il referendum si svolga su più quesiti omogenei e non su un solo “si” o “no”. Forse non passerebbe tutta la riforma, ma sicuramente passerebbero aspetti importanti mentre per quelli che non saranno approvati di dovranno trovare altre soluzioni, ma soprattutto sì scombinerebbero i giochi strumentali delle opposizioni che portano al massacro.

  2. Caro Mario, l’ultima parte del tuo ragionamento (tu sai bene che io sono per il SI’) andrebbe rovesciata: se vince il SI’, il Parlamento potrà nuovamente intervenire per ritoccare e rivedere i tanti punti poco chiari (ma nati più in conseguenza del dibattito e dei compromessi parlamentari che dal disegno Boschi originario) in un contesto che invece è chiarissmo – ossia la fine del bicameralismo paritario.
    Se invece vincono i NO, sarà difficile per almeno 10 anni che il Parlamento torni a rivedere una Carta ri-“consacrata” dal voto popolare, e ri-consacrata proprio per il bicameralismo perfetto; immaginare poi un altro Senato disposto, come è stato questo, a fare harakiri mi sembra molto difficile…
    Ricordo anche che la scelta non è fra la “sacra” Costituzione del 1948 e quella del 2016: il titolo V è già stato modificato nel 2001, e l’attuale riforma per molti aspetti ritorna al primato dello Stato sulle Regioni (cfr art. 5. la repubblica è una e indivisibile…). Anche il Senato, che già nel 1947 i costituenti volevano “su base regionale”, ha avuto modificata alla fin degli anni Cinquanta la sua durata ufficiale (da 6 a 5 anni), Segno questo (ossia la diversa durata del Senato rispetto alal Camera, come anche la base regionale e l’età dei votanti) che in origine esso non doveva avere gli stessi poteri della Camera – infatti ha una base elettorale più ristretta (ben 7 classi non lo votano, dai 18- ai 25 -enni) e sino al 1992 i candidati senatori erano scelti dai partiti (collegi uninominali con voto proporzionale), e non certo “eletti con le preferenze” dai cittadini.
    La riforma del Senato, ed il suo essere composto da rappresentanti di regioni e comuni, rende questa riforma da un lato coerente con l’affermazione originaria della sua “base regionale”, e dall’altro strettamente legata alla riforma del titolo V: simul stabunt, simul cadent. Meno poteri alle Regioni, ma compartecipazione delle Regioni, in sede senatoriale, all’attività legislativa che le riguarda.
    Ergo, come già accadtuo nel referendum del 2001 e soprattutto in quello (che toccabaa anche i poteri del Governo) del 2006, un solo voto referendario sull’intero pacchetto.
    Dunque, caro Mario, se vogliamo davvero superare, come tu auspichi alla fine del tuo intervento, il superamento del bicameralismo paritario (un sistema unico al mondo!), non resta che votare SI’, e battersi subito perché il (prossimo) Parlamento faccia una operazione di semplificazione e manutenzione del nuovo articolato; la vttoria del NO, al contrario, farebbe rimanere fermo il dibattito per molti anni, perchè le forse politiche contrarie (dalla Lega al M5S pasando per i berlusconiani, i centrosinistri critici, sino all’estrema sinistra) non hanno in comune nessun proprio disegno unitario di riforma – così come credo che i 56 costituzinalisti, uniti dal NO , farebbero fatica a proprorre essi stessi, unitariamente ,un nuovo testo condiviso: altrimenti lo avremmo letto su qualche rivista sin dal 2014…
    Per questo, caro Mario, ti invito a ri-pensare alla questione, e a provare a guardarla con gli occhi di un cittadino europero (tedesco o inglese o francese che sia), che forse si stupisce del barocchismo del nostro sistema legislativo (compreso – non lo nego . anche qualche passaggio del nuovo testo).
    Guido (Campanini)

  3. Condivido pienamente intervento di Campanini eh aggiungi solo che ci sono troppi buoni cattolici e persone di buona volontà che non riescono a maturare la consapevolezza che la politica e l’arte del possibile e che quindi il meglio e spesso nemico del bene. Credo che i padri fondatori lo abbiano detto in tutti i modi. Nicolò fornasir

  4. Un post di Giobanni Bachelet su Facebook: “la parte della Costituzione che sul bicameralismo si limita a dire che “il Senato è eletto su base regionale” e la legge elettorale proporzionale, approvata come legge ordinaria dalla stessa Assemblea Costituente, sono state però entrambe approvate quando quelli che avevano combattuto il fascismo e fondato la Repubblica Italiana non si fidavano più gli uni degli altri, non governavano più insieme, e nel clima della nascente guerra fredda temevano (forse non a torto) che la vittoria di una delle due parti potesse implicare la messa fuori legge dell’altra. Miesi de Januario, moglie di Vittorio, mia madre, anche lei di 92 anni (che diversamente dalla Menapace non è mai stata né dirigente democristiana né assessore alla Sanità di Bolzano, né fondatrice del Manifesto, né parlamentare di Rifondazione…) riesce ancora a spiegare alle sue amiche che ciò che accomuna Salvini, Grillo, Berlusconi, Bertinotti ed altri ancora non è l’amore per la Costituzione, ma l’odio per Renzi; a ricordare che Dossetti ed altri Padri Costuenti (come ha detto in questi anni, inascoltato, Valerio Onida, ex presidente della Corte) pensavano a un’Italia con forti autonomie regionali e due Camere (come in USA o più tardi in Germania) differenziate per corpo elettorale, l’una espressione diretta dei cittadini, l’altra delle Regioni, o che Calamandrei apprezzava la repubblica presidenziale; e infine a notare che nella battaglia vincente di 10 anni fa contro le riforme costituzionali di Berlusconi, Fini, Bossi e Casini il presidente dell’unico comitato del referendum era Oscar Luigi Scalfaro, il portavoce Franco Bassanini e il tesoriere, modestamente, io; mente stavolta di comitati per il NO anzitutto ce ne sono due o tre, e poi sono capitanati da persone eccentriche in tutti i sensi, incapaci di parlarsi tra loro e di parlare al paese, incapaci di capire che così come nel 2005 coinvolgemmo Scalfaro adesso dovrebbero fare un unico comitato e metterci come presidente Ferruccio De Bortoli o Eugenio Scalfari, non gli improbabili e sconosciuti presidenti attuali, che salvo alcuni ex-gruppettari della mia età non convincono nessuno…non ci sarà qualche ragione per tutte queste differenze? La Menapace è riuscita, dopo la Sanità a Bolzano negli anni cinquanta o giú di lí, a non governare più e dire per i successivi 60 anni agli altri che cosa dovevano fare, e intende continuare a farlo fino a 100 anni; io a quelli che amano solo rappresentare le minoranze mantenendole in eterno nell’angolino della comoda opposizione preferisco quelli che cercano almeno ogni tanto anche di vincere e governare, portandole al governo e facendole diventare maggioranze.”

Lascia un commento

Required fields are marked *.