Il referendum confermativo sulla riduzione dei parlamentari mi spinge ad alcune brevi riflessioni.
- Distinguerei il merito dal contesto. Sul merito, oggettivamente non si porrebbero particolari motivi ostativi alla riduzione del numero dei rappresentanti. Nel passato tante proposte di riforma hanno anche contemplato tale scelta. Il contesto invece avvalora maggiormente le ragioni del no. Non mi convince la motivazione “relativistica” secondo cui si tratterebbe di un primo passo verso gli ulteriori necessari cambiamenti (legge elettorale, monocameralismo, etc). Culturalmente mi riconosco nella logica dei piccoli passi, tipica del riformismo democratico, e tuttavia in questo caso non riesco proprio a cogliere le condizioni politiche di base perché si possa davvero immaginare l’avvio di un percorso di riforme costituzionali ed istituzionali più organico all’interno del quale trovi significato la riduzione del numero dei parlamentari. Il referendum, da questo punto di vista, sembra avere una valenza squisitamente politica.
- Il governo val bene un sì? Tra la prospettiva di un governo reazionario Salvini-Meloni e l’abbandono di quello che resta della identità democratica, possibile che il realismo politico non riesca a sortire alternative? Può essere che dietro le quinte dell’attuale palcoscenico politico, queste alternative si stiano costruendo e si stiano condividendo prospettive che per la loro portata innovativa troverebbero oggi scarso consenso. E tuttavia, al netto di questi eventuali retroscena, se proprio devo dirla tutta, il Pd ancora una volta sembra abdicare al suo ruolo.
- Appiattire, come fanno alcuni nostri amici, la ispirazione riformista alle ragioni del sì, mi pare una operazione ardita. “Un posto migliore dell’Egitto” (Michael Walzer), che giustamente consideriamo l’esito del vero riformismo, non lo si costruisce prendendo a prestito soluzioni elaborate dentro visioni populiste e reazionarie, sperando “opportunisticamente” nella redenzione di alcuni attuali compagni di viaggio.
- Infine, un’ultima considerazione. Molti di noi hanno creduto nella grande riforma costituzionale del 2016, che però il popolo ha respinto. Ho l’impressione che questo piccolo e astruso frammento di riforma sia spesso sostenuto con un certo piglio “ideologico”. Insomma, è legittimo che su queste questioni si sviluppi una dialettica vivace, ma è altrettanto essenziale preservare il senso della misura nell’affermare le proprie opinioni, perché consapevoli che non si sta discutendo di verità assolute. Un po’ di laicità non guasterebbe.
Luigi Lochi