di CCB Évreux, in “www.baptises.fr” del 20 febbraio 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)
Su iniziativa della Ccb dell’Eure, era stata redatta una “richiesta”, firmata da sessanta laici, preti e diaconi, tutti impegnati nella pastorale nella diocesi e nelle parrocchie dell’Eure. Tale richiesta è stata presentata al vescovo, Mons. Nourrichard, da noi incontrato il 3 febbraio in un clima di grande fiducia e ascolto. Ne nasceranno certamente due o tre “azioni” concrete. Claudine Onfray e Monique Hébrard
Amiamo il Papa e i nostri vescovi, ma non sacralizziamo la gerarchia, e vogliamo vivere pienamente la co-responsabilità del nostro battesimo, come siamo stati invitati a fare dalla Costituzione Lumen Gentium del Vaticano II (1). Siamo convinti che il Vangelo sia davvero una buona notizia per i nostri contemporanei. (2) Per questo ci rattristiamo quando è reso inascoltabile, in particolare a causa di gravi contraddizioni tra il messaggio di vita di Gesù e certe prese di posizione della Chiesa. Nel corso dei suoi vari incontri, il gruppo della CCBF di Évreux ha rilevato molte di tali contraddizioni e di tali comportamenti che fanno soffrire laici e preti e che offuscano il messaggio del Vangelo. Di conseguenza, sull’esempio dei preti e dei laici della diocesi di Rouen (e di molti preti austriaci), invitiamo a mettere al primo posto l’obbedienza al Vangelo, al sensus fidelium e alla coscienza. Nella prospettiva del 50° anniversario dell’apertura del Concilio nell’ottobre 2012, proponiamo sei punti che vorremmo veder avanzare per una migliore fedeltà all’incarnazione del Vangelo nel mondo di oggi, e per una Chiesa che accolga interamente il Concilio.
1. Vogliamo vivere pienamente la nostra missione di battezzati, sacerdoti, profeti e re.
La Chiesa non può più vivere senza i laici, ed è un bene, poiché questo si inserisce veramente nella logica dell’impegno del battesimo. Come sottolineano diversi teologi (3), dobbiamo evolvere verso un più ampio riconoscimento di veri ministeri affidati a laici. Nel contesto di scarsità di preti, l’impegno dei laici (équipe di preparazione al battesimo, al matrimonio, équipe di animazione dei funerali…) la garanzia di una Chiesa di prossimità, ben inserita nel tessuto sociale locale. Desidereremmo ad esempio che vengano conferite deleghe per il battesimo, come previsto dal Codice di Diritto canonico (n° 861 § 2) e che i laici, uomini e donne, possano distribuire la comunione e fare delle omelie.
2. Vogliamo un ruolo maggiormente riconosciuto per le donne
Mentre l’uguaglianza uomo-donna è una richiesta importante della nostra società, la Chiesa cattolica (come tutte le religioni) è giudicata misogina. Non è accettabile per la mentalità contemporanea vedere assemblee in cui i celebranti e i governanti sono unicamente uomini, mentre “il popolo” è in maggioranza femminile!
Auspichiamo vivamente che il cristianesimo, che tanto ha fatto nel corso dei secoli per la dignità delle donne, sia profetico nel nostro tempo.
Auspichiamo che si smetta di fare delle differenze tra maschi e femmine per il servizio all’altare. Auspichiamo che le donne possano accedere al ministero di lettore, che già svolgono concretamente, e che possano accedere al diaconato.
Auspichiamo che non si impedisca il dibattito sull’ordinazione presbiterale delle donne, anche se questo non si potrà fare nell’immediato.
3. Vogliamo una Chiesa che tenga conto della libertà di coscienza
In una società in cui l’autonomia, la libertà e l’esperienza personale sono dei valori guida, non è più sopportabile che la Chiesa di Roma non tenga maggiormente conto della coscienza personale (cosa che pure fa parte della grande tradizione cattolica) (4), né del sensus fidelium.
Tale ingerenza è particolarmente dolorosa e mal sopportata nei campi sensibili della vita personale (contraccezione, lotta contro l’Aids, procreazione assistita, ecc.).
4. Vogliamo una Chiesa che dialoghi
La Chiesa non è una democrazia, ma non è neppure una monarchia assoluta. L’esigenza del dibattito e dell’ascolto reciproco non è una questione di moda, ma un imperativo ecclesiologico. Con il battesimo e la cresima, lo Spirito soffia sui fedeli, in particolare quando sono in comunione con il vescovo e gli uni con gli altri (come nei sinodi diocesani) ed è fonte di carismi per il servizio della comunità (LG 12).
I cattolici più impegnati non sopportano più la mancanza del rispetto del sensus fidelium, e molti teologi sono impegnati in questo senso (5).
5. Vogliamo delle comunità locali che possano unirsi attorno all’eucaristia
Nel quadro dei grandi accorpamenti di parrocchie, la comunità locale viene riconosciuta come l’anello essenziale per vivere e testimoniare il Vangelo nella prossimità. Siamo convinti, come ricorda il concilio, che l’Eucaristia è “il centro e il culmine della vita cristiana”; essa istituisce, costruisce e unisce la comunità. Bisogna quindi che essa sia accessibile il più vicino possibile. Ma il parroco di una parrocchia che conta da 30 a 60 chiese non può più celebrare in tutte le comunità locali della sua parrocchia. Bisognerà certamente prevedere in un futuro prossimo che possano essere ordinati degli uomini e delle donne affinché le comunità non siano private dell’eucaristia. Non è forse ciò che hanno fatto gli Apostoli con l’istituzione dei Sette?
6. Vogliamo una pastorale della misericordia
Mentre il fondamento della nostra fede è basato sulla compassione e sul perdono, la nostra Chiesa continua a tenere lontano dalla comunione eucaristica e da certe responsabilità, dei cristiani che essa giudica in stato di peccato. Pensiamo che una vera comunità non si divide in categorie di peccatori come i divorziati risposati, i catecumeni che vivono in coppia senza essere sposati, gli omosessuali,… e che tutti abbiano bisogno dell’accoglienza eucaristica, come legame comunitario e forza che rinvia verso l’altro.
Auspichiamo che le donne che sono giunte a decidere di fare un’interruzione volontaria di gravidanza e i medici che le hanno aiutate non siano più scomunicati.
Auspichiamo che i divorziati che si risposano civilmente possano avere, se lo desiderano, una preghiera comunitaria animata da un prete o da laici.
(1) “Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo” (LG, 10, e anche da 9 a 13).
(2) La Chiesa esiste innanzitutto per evangelizzare (Paolo VI Evangelii Nuntiandi n° 14).
(3) “… bisogna ormai che la Chiesa accetti di avere due categorie di ministri: dei ministri ordinati e dei ministri laici che meritano tutti il titolo di ministri.” (Maurice Vidal, Cette église que je cherche à comprendre. Entretiens avec Christian Salenson et Jacques Teissier, Editions de l’Atelier 2000, p. 65). “Nel Nuovo Testamento, la ministerialità è di tutta la Chiesa. Tutta la comunità cristiana è in situazione di servizio e di missione. Il ministero della Chiesa è a carico di tutti i cristiani.” (Jean Rigal, L’Église en chantier. Cerf 1994, p. 141).
(4) “L’uomo coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per raggiungere il suo fine che è Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza. E non si deve neppure impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso.” (Dignitatis humanae, 3).
(5) “Come predicare il dialogo nel mondo se non c’è dialogo nella Chiesa?” Christoph Théobald “… è nel quadro di questi dibattiti che l’assistenza dello Spirito Santo, che abita sia il magistero che il sensu fidelium, si è esercitata. Esso interviene d’altronde sia prima della decisione ultima sia dopo questa, nel modo in cui essa è ricevuta. Non bisognerebbe che oggi un’eccessiva fretta nel rispondere ai problemi morali ed un timore esagerato del dibattito, porti a voler fare a meno di questa lenta gestazione dottrinale che caratterizza fondamentalmente la vita della Chiesa” (Bernard Sesboüe, Le magistère à l’épreuve, DDB 2001, p. 103). “[…] Sono profondamente convinto che il modo di vivere della Chiesa non è adatto al mondo nel quale viviamo […]. Non si può fare dei cristiani dei minorenni irresponsabili nella Chiesa. […] La specificità cristiana chiede di trovare una struttura che permetta il lo scambio. Vi ricordo inoltre che il dialogo, lo scambio, porta la definizione più profonda di Dio poiché egli è la Trinità stessa”. (Mons. Rouet. J’aimerais vous dire. Bayard 2009, da p.211 a p. 214).