Sono i luoghi che conosco da più di dodici anni. Per caso, per amicizia, per il gusto di rivivere periodicamente un profondo e sano rapporto con la natura, bella e ospitale, incontaminata e severa, come solo certi amati e curati posti di montagna sanno essere. Ogni anno in vacanza per qualche settimana in un piccolo borgo, Voceto, frazione di Amatrice, e poi le passeggiate, i picnic, le chiacchierate serali e le risate con gli amici, ore passate in armonia con il contesto che ti circonda, fatto di cose semplici e inalterate da secoli.
Ora tutto questo non c’è più, è letteralmente sepolto sotto le macerie, sotto il dolore dei sopravvissuti, sotto la paura e l’incertezza per un futuro che sarà difficile e denso di incognite.
Sono territori di gente abituata a lavorare la terra e gli animali, a produrre latte e carne e, con la pazienza e la passione per la buona cucina, a favorire l’accoglienza dello straniero, che qui ha anche lasciato nei secoli tracce di arte, architettura e poesia. Ma non sono mai stati al centro del grande flusso turistico, come se si fossero accontentati di misure proporzionate alla ricettività del luogo. Per non fare danni col troppo esporsi … Quando ad agosto si riempie la piazza per la Sagra degli Spaghetti – quest’anno sarebbe stata la 50° edizione – gli abitanti parlano di folle, ma per un romano abituato al traffico è solo un po’ di gente in più. Ma ora? Cosa ne sarà di questo contesto culturale, turistico, naturale e umano che ha intessuto i comuni (oltre ad Amatrice, Accumoli, Arquata, Pescara del Tronto) e le loro frazioni? Non basterà tirare su i muri e rifare i tetti, e che siano il più possibile somiglianti a quelli di prima. Magari con migliori fondamenta. Bisognerà ridare un senso e una prospettiva che si agganci a quella memoria, che non sia, come ho sentito da alcune disperate voci, solo la testimonianza di un ricordo che segna la sconfitta e l’impossibilità della ripresa. Davvero niente sarà più come prima? O è vero che, tra il niente e il tutto, c’è una scala di ricostruzione che può essere persino capace di metabolizzare i racconti di questo tragico 24 agosto 2016, ma senza dimenticare, e di far rinascere quei valori che hanno fatto di questa comunità, pur frazionata e sparsa, un bell’esempio della nostra sana Italia di provincia?
Sarà un impegno difficile e che durerà nel tempo. E per fare questo sarà importante il contributo di tutti gli italiani (che nell’amatriciana hanno percepito spesso, ed erroneamente, l’analogia semantica di qualcosa fatta in modo improvvisato e abborracciato, così, come molte cose si fanno in Italia, ma sarebbe ora di bandire questo ingiustificato senso della parola…), e in particolare dei laziali e dei romani. Qui lancio l’idea di preparare già, in associazioni, parrocchie, centri sociali, ecc., incontri dedicati alla cultura “amatriciana” (si pensi, ad esempio, alla danza, alla “lotta” di stornelli e al teatro popolare), a iniziative di produzione e vendita di prodotti tipici, alla raccolta di fondi per la ricostruzione, mirata, dei suoi beni artistici.
I racconti degli amici che la notte del 24 agosto erano lì – a differenza della mia famiglia, che era altrove da pochi giorni e per puro caso – dicono di un’esperienza che non si dimenticherà nella vita, che segnerà il ricordo e che, nel presente, spinge a darsi da fare, a pensare progetti di sostegno per chi è rimasto, a raccogliere generi di prima necessità per la sopravvivenza. Tutto giusto e utile. Così come sono inevitabili i dibattiti sulla prevenzione, sulle tecniche di costruzione antisismica, sulle new town, sulla velocità dei soccorsi e quant’altro accade in queste sfortunate occasioni.
Ma il timore è che, quando il clamore dei media si placherà e magari qualche altra emozione surclasserà questa, calerà anche il sipario su Amatrice e la sua storia (come un po’ è accaduto per l’Aquila).
Per questo, chi per miracolo è scampato alla tragedia, sente l’esigenza di fare qualcosa che vada oltre, che superi l’esigenza d’immediato sostegno alle vittime e proponga percorsi più lunghi, che siano speranza di rinascita collettiva di una comunità, non costretta a sradicarsi e ad abbandonare quello che per i propri padri, di generazione in generazione, è stato terreno fertile di sviluppo.
Per un primo contributo alla ricostruzione (oltre ai tanti di cui si ha notizia) propongo una iniziativa, che mi è più cara e di cui conosco personalmente chi sarà poi incaricato a gestirne i fondi raccolti.
RICOSTRUIAMO VOCETO/AMATRICE
Iban: IT G0832773470000000004187, BANCA DI CREDITO COOPERATIVo, AG 62 AMATRICE, causale “Terremoto 24 agosto2016, offerta per la ricostruzione della Frazione Voceto di Amatrice”.
Vittorio Sammarco
1 Settembre 2016 at 08:55
Caro Vittorio, cari tutti, solidarietà dagli amici del Borgo di Parma a te e a tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno subito e subiscono questa tragedia! E teniamo alta l’attenzione e la partecipazione anche quando le troupes televisive smonteranno le loro postazioni.