Si è tenuto a Roma, martedì 8 luglio, nella Sala della Camera dei Deputati in Santa Maria in Aquiro un seminario dedicato alla riforma costituzionale. Hanno parlato tra gli altri i senatori Casson, Mauro e Chiti, nonché Gaetano Azzariti, Alessandro Pace, Lorenza Carlassare, Massimo Villone, Gianni Ferrara e Raniero La Valle. La Valle, che è presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione, ha tenuto il suo intervento a titolo personale (“L’elettorato democratico e la riforma di Edipo”). Il giorno dopo La Valle ha però scritto un appello “Ai ‘veterani’, ai giuristi, ai militanti e agli amici dei Comitati Dossetti per la Costituzione” chiedendo che prendano posizione, perchè non si è di fronte a una questione opinabile. Qui, scrive,“ si fa finta di fare un’altra cosa – sveltire la democrazia – per sopprimere, con il Senato elettivo, quello che può essere ancora un baluardo per impedire in Italia non il regime di Renzi, che probabilmente non ci sarebbe, ma qualsiasi regime”.
11 Luglio 2014 at 09:59
La mia nota, opposta, per l’Huffington Post
La riforma costituzionale uscita dalla Commissione: un testo convincente, con qualche problema ancora aperto
di Stefano Ceccanti
Il testo della riforma costituzionale uscito dalla Commissione riprende in larga parte il disegno di legge del Governo che aveva già preso una strada di differenziazione del bicameralismo sostanzialmente sul modello del Bundesrat austriaco per rispondere fondamentalmente a due esigenze:
-il risultato delle elezioni al fine della legittimazione diretta di una maggioranza e di un Governo non può essere appeso al risultato di due Camere diverse, col rischio di esiti contraddittori e la Camera che gode dell’esclusiva del rapporto fiduciario deve poter approvare in ultima istanza la gran parte delle leggi in cui si fa valere l’indirizzo politico di maggioranza
-l’inevitabile sovrapposizione di alcune competenze tra Stato e Regioni, anche dopo l’opportuna revisione e semplificazione del Titolo Quinto, richiede che i legislatori regionali si sentano rappresentati al Senato in modo tale da non ingolfare la Corte di ricorsi.
Le principali novità intervenute nel passaggio in Commissione riguardano:
-nell’art. 57 si sono precisate le caratteristiche del Senato non direttamente elettivo: a parte i cinque di nomina presidenziale, gli altri novantacinque saranno suddivisi tra le Regioni, proporzionalmente alla rispettiva popolazione, in modo comunque che ad ognuna spettino almeno due senatori, di cui uno dovrà essere un sindaco; una soluzione coerente col Titolo V;
-nell’art. 68 è stato soppresso l’intervento sulle immunità che le avrebbe eliminate per i senatori; una scelta a mio avviso ragionevole per mantenere l’equilibrio tra i poteri;
-nell’art. 70 della Costituzione un limitato (ma ragionevole) allargamento delle leggi che rimangono paritarie tra Camera e Senato, in particolare per la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea nonché per l’ordinamento degli enti locali, e delle leggi in cui la Camera può prevalere a maggioranza assoluta dopo la bocciatura a maggioranza assoluta del Senato, tra cui nei casi di utilizzo della clausola di supremazia statale che sconfina sulle competenze regionali. Qui era il pericolo maggiore, per fortuna evitato, perché in tutti i precedenti tentativi di riforma (dalla Bicamerale D’Alema al progetto del centrodestra bocciato nel 2006 dagli elettori) il Senato, privo del rapporto fiduciario (ma anche libero dalla questione di fiducia) avrebbe potuto paralizzare il Governo e la maggioranza, in modo del tutto anomalo rispetto alle democrazie parlamentari europee;
-nell’art. 71 l’innalzamento delle firme da 50 mila a 250 mila per le leggi di iniziativa popolare, ma rinviando ai Regolamenti parlamentari per un loro esame stringente da parte delle Camere; si bilancia così un maggiore rigore con una maggiore efficacia;
-nell’art. 73 la possibilità di ricorso preventivo alla Corte costituzionale su richiesta di un terzo dei componenti di una Camera sulle leggi elettorali politiche, una garanzia in più contro riforme non condivise;
-nell’art. 74 la possibilità di un rinvio parziale delle leggi da parte del Presidente della Repubblica e il vincolo all’omogeneità nelle leggi di conversione dei decreti; anche qui due positive garanzie in più
-nell’art. 75 si sono elevate a 800 mila le firme per il referendum, previsto il giudizio della Corte a metà raccolta e ridotto significativamente il quorum alla metà più uno rispetto ai votanti alle precedenti elezioni politiche; tutte scelte ragionevoli, tranne il divieto generalizzato di referendum manipolativi che rischia di rendere non referendabili le leggi elettorali;
-nell’art. 82 è stata ripristinata la possibilità di Commissioni d’inchiesta al Senato, purché relative alle autonomie territoriali; anche qui una garanzia in più;
-nell’art. 83 la previsione che prima di otto scrutini (rispetto agli odierni tre) il quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica non scenda alla maggioranza assoluta del Parlamento in seduta comune, una scelta giusta ma insufficiente a evitare che la maggioranza elegga da sola il Presidente; tale esigenza richiederebbe l’allargamento del collegio anche a non parlamentari.
Se si riuscirà a riaprire in Aula anche alla referendabilità delle leggi elettorali e all’estensione del collego degli elettori presidenziali il lavoro risulterà ulteriormente migliorato, ma già così si può dire che la gran parte delle anomalie del bicameralismo italiano, dovute ai condizionamenti della Guerra Fredda nel processo costituente originario, obbligando allora a scartare soluzioni analoghe a queste, sono sulla via della scomparsa. Con almeno venticinque anni di ritardo, ma con un’accelerazione meritoria in questa fase.
14 Luglio 2014 at 14:23
La posizione di Raniero La Valle è nota ormai da tempo, perchè a più riprese è intervenuto sui temi costituzionali, denunciando i pericoli distorsivi delle riforme in discussione. In questo testo mette insieme tutto il male possibile che si può esprimere a riguardo, alzando molto i toni e elevando minacciosi presagi sul futuro, qualora le proposte governative attuali fossero approvate.
Sul merito lascio la parola a Ceccanti, per competenza.
Vorrei però sottolineare alcune punti che non possono essere condivisi del discorso di Raniero.
– si esprime qui e peggio in altri scritti un livore anti-renziano che fa ombra ai suoi ragionamenti. In molti passi, sembra evincersi che il vero bersaglio è Renzi, più che una proposta sbagliata di riforma.
– si usa senza riserva ogni genere di argomenti, ad esempio quello caro a Grillo che questo parlamento è stato eletto in modo incostituzionale, decisamente deboli e fuori luogo. Qual’è l’assemblea che dovrebbe decidere?
– si afferma in modo indiretto che si potrebbe persino pensare a un monocameralismo, ma per riproporre più decisamente il bicameralismo, rafforzato sia dalla sua eleggibilità, sia dai suoi compiti, Allora non facciamo nessuna riforma?
– si critica il Senato delle Autonomie perchè Sindaci, Presidenti e consiglieri regionali non avrebbero più tempo da dedicare alle loro funzioni primarie, ma poi ci si lamenta che questo Senato non avrebbbe più compiti. Scegliamo una delle due critiche, tutte e due non stanno insieme.
– si giunge a parlare di “regime di Renzi” e forse ancora più pericoloso il regime che ci sarebbe dopo di lui, perchè Renzi durerebbe poco ( naturalmente per un giudizio sul valore della persona);
– ci si lamenta di enormi errori politici fatti a livello internazionale (non ne manca praticamente nemmeno uno degli atti compiuti negli ultimi venti anni: Maastricht, il cambio dell’Euro, il Fiscal Compact, le diverse guerre in Iraq, Jugoslavia, Afghanista, il pareggio di bilancio in Costituzione,ecc ) e non si capisce come altrimenti, con quali forze e con quale iniziativa si sarebbero potute cambiare queste intese internazionali. Forse con la proposta di costituzionalismo internazionale sostenuta da alcune e rare persone?
– trascuro di soffermarmi sui presagi funesti che minacciano il nostro paese nel prossimo futuro, tratti probabilmente dalla sfera di cristallo, per venire al messaggio finale, che mi sembra sinceramente non solo ingeneroso, ma anche di cattivo gusto. Mi riferisco all’invito a lasciare il PD, qualora non cambiasse linea. La cosa è un pò pietosa e anche ridicola. L’effetto sarebbe insiginificante e probabilmente anche controproducente, come avviene quando uno ha delle ragioni, ma esagerando porta acqua al mulino dell’altro. Poi sa molto di Ruini e del suo appello all’astensionismo. E poi soprattutto le persone solo libere e lasciamole disporre come meglio credono del proprio voto, dopo aver espresso in modo pacato, ragionevole e motivato le nostre ragioni. Che mi sembra quello che dobbiamo fare in questa occasione. Non posso che dichiarare la mia lontananza dall’appello.
22 Luglio 2014 at 19:09
Grazie, a lei e a Ceccanti
5 Agosto 2014 at 09:39
D’accordo con Ceccanti e Antoniazzi. Mi permetto di aggiungere sommessamente che, viste le cantonate prese in passato da La Valle ( a leggere l’insieme dei suoi articoli si capisce che probabilmente considera la caduta del Muro di Berlino una disgrazia e lo scioglimento del PCI un affronto personale), forse non si dovrebbero troppo prendere sul serio le sue profezie di sventura.