Qualche tempo fa abbiamo rivolto quattro domande al prof . Valerio Onida. Gravato dai molti impegni che sappiamo, il presidente emerito della Corte Costituzionale non ha potuto rispondere subito. Lo ha però fatto adesso e siamo lieti di pubblicare le sue risposte.
Lei pensa che sia necessario (e ormai maturo) cambiare qualcosa della Costituzione per quello che riguarda l’assetto istituzionale?
I problemi più veri e gravi del paese non sono nell’assetto costituzionale, ma nell’assetto economico-sociale, nella crisi dei partiti e nella struttura, nelle procedure e nella cultura delle amministrazioni, nonché nel modo in cui si scrivono le leggi. Tuttavia non c’è dubbio che alcune riforme della parte II della Costituzione, da tempo discusse, siano utili per un miglior assetto del sistema. Soprattutto il superamento del bicameralismo “perfetto”, con l’attribuzione alla Camera dei deputati del ruolo di unica Camera chiamata a dare e revocare la fiducia al Governo e dotata di potere prevalente nella deliberazione delle leggi (salvo alcune categorie di leggi che dovrebbero restare pienamente “bicamerali”), e la trasformazione del Senato in Camera rappresentativa delle Regioni.
Condivide che sia necessario rafforzare l’esecutivo? E, se sì, in che modo?
L’esecutivo non è propriamente “debole”, anzi la prassi dilagante dell’uso dei decreti legge, dei “maxiemendamenti” e del continuo uso della questione di fiducia tende ad indebolire soprattutto il Parlamento. Tuttavia è vero che servirebbe assicurare al Governo, soprattutto attraverso riforme dei regolamenti delle Camere e in parte anche della Costituzione, tempi rapidi e certi per l’esame parlamentare dei provvedimenti essenziali per l’indirizzo del Governo medesimo, limitando l’impiego della decretazione d’urgenza e anche il potere parlamentare di emendamento dei decreti legge in sede di conversione. Inoltre andrebbe meglio garantita l’unità di indirizzo del Governo attraverso il rafforzamento della posizione costituzionale del Presidente del Consiglio (per esempio attribuendogli il potere di chiedere e ottenere lo scioglimento della Camera, a meno che entro un certo termine la Camera non designi un altro Presidente del Consiglio), e anche della sua capacità di guida unitaria del Governo (per esempio concentrando l’elaborazione dei progetti di legge in un unico ufficio legislativo presso la Presidenza del Consiglio).
Da alcune parti si sostiene che, se si sceglie una riforma elettorale di tipo francese, con sistema maggioritario uninominale a doppio turno, sarebbe opportuno introdurre anche una forma di presidenzialismo (o semipresidenzialismo). Lei condivide questa tesi in tutto o in parte? Qual è il suo pensiero a questo proposito?
Il sistema elettorale a collegio uninominale a doppio turno – che ha un forte effetto “maggioritario” e (a differenza dei sistemi a turno unico) fa sì che gli eletti siano sempre espressione della maggioranza degli elettori, e che le convergenze fra forze politiche diverse passino attraverso il voto degli elettori – è perfettamente compatibile anche con una forma di governo “parlamentare” come quella attuale, e non richiede affatto di essere accompagnato da forme di presidenzialismo o di semi-presidenzialismo. Semmai un sistema elettorale di questo tipo potrebbe richiedere di essere corretto con piccole quote di proporzionale per evitare che parti importanti dell’elettorato restino totalmente escluse dal Parlamento.
L’opzione semi-presidenziale penso sia del tutto inadatta alle condizioni di oggi dell’Italia, e anzi pericolosa. Essa comporterebbe il definitivo esautoramento del Parlamento e la concentrazione della rappresentanza democratica nel Presidente eletto direttamente; la esasperazione delle tendenze personalistiche, leaderistiche e plebiscitarie già molto diffuse; la rinuncia a cercare di fare o di rifare dei partiti strumenti effettivi di elaborazione collettiva di indirizzi politici e di selezione del ceto politico, non semplici comitati elettorali di sostegno di candidature personali; la scomparsa della figura del Presidente della Repubblica come organo “super partes”, rappresentante dell’unità nazionale, coordinatore e garante del buon funzionamento del sistema.
L’esperienza del Movimento Cinque Stelle in Italia ed altre esperienze simili in altre parti del mondo sembrano riproporre il tema della democrazia “diretta” o comunque un superamento dei partiti così come li abbiamo conosciuti finora. Lei che cosa ne pensa?
La democrazia diretta integra e completa, ma non può sostituire, la democrazia rappresentativa, basata sui partiti come strumenti di partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche. Anche l’uso di Internet sembra ancora lontano dal poter sostituire, e non semplicemente aiutare e rafforzare, gli strumenti di partecipazione.
13 Agosto 2013 at 21:49
Condivido pienamente, in particolare il parere negativo espresso circa l’eventuale presidenzialismo o semipresidenzialismo! Credo che la centralità del Parlamento, espressione del sistema rappresentativo, e la figura garante del Presidente della Repubblica siano assolutamente da salvaguardare. Ovviamente l'”autenticità” del Parlamento dovrebbe essere garantita da un sistema elettorale diverso da quello attuale!
28 Agosto 2013 at 15:40
“(…) La democrazia diretta integra e completa, ma non può sostituire, la democrazia rappresentativa, basata sui partiti come strumenti di partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche. Anche l’uso di Internet sembra ancora lontano dal poter sostituire, e non semplicemente aiutare e rafforzare, gli strumenti di partecipazione…”
Ho letto in ritardo la vostra intervista a Valerio Onida di cui riporto l’ultima sua risposta.
Dal momento che, come a voi noto, rimango fortemente critico delle primarie, ritengo anch’io da vero “…conservatore” – questa volta però in buona compagnia – che senza partito politico non si va da nessuna parte. Sposo dunque totalmente questa valutazione di Onida con la quale fa chiaramente capire che: 1°) senza un partito “forte e centrale” ,ogni ricorso alla democrazia diretta delle primarie mina alla base non solo il partito politico ma la stessa democrazia rappresentativa; 2°) che l’uso di Internet può esserre solo complementare alla “centralità” del partito politico, ma mai sostitutivo.
Un saluto, Nino Labate