“E’ evidente che la sinistra ha fallito. Il problema è che, dopo aver ucciso la ‘vecchia’, nessuna Leopolda ci ha ancora spiegato quale sia, e soprattutto se debba esistere, una ‘nuova’ sinistra”. Così Massimo Giannini conclude su Repubblica la requisitoria della settima Leopolda renziana (“Il capolinea della sinistra”). Giovanni Orsina, su La Stampa, critica Renzi per la sua politica da spaccone e da gigione e per aver agito finora ‘a credito’ in quanto privo di un passato che giustificasse la sua presenza al vertice del paese, e però conclude con queste parole: “Se il gigione spaccone debitore dovesse fallire, quali alternative ci propone una politica debole, divisa, e assediata dall’antipolitica?” (“La trappola del calendario”). Così pure Massimo Adinolfi sul Mattino (“Il nuovo Pantheon e l’ambizione di cambiare il Paese”), ma più propenso a sostenere Renzi. Marco Follini, sul Corriere, dice cose non dissimili da quelle di Orsina nell’articolo “La riforma costituzionale e la sua deriva demagogica”. Sergio Fabbrini, nel difendere la riforma costituzionale, arriva però a dire che “è discutibile la pretesa che i cittadini possano risolvere questioni di tecnica istituzionale”, e quindi sostiene che il referendum in questo caso è un’opzione sbagliata (“La sfida di istituzioni efficaci”, Sole 24 ore). Maurizio Ferraris si interroga sui rapporti tra democrazia e verità (“Tutto l’umanesimo che serve per salvare la democrazia”, Repubblica). Gianni Cuperlo spiega il suo Sì dopo l’accordo sulla riforma dell’Italicum: “Voglio essere coerente. A Matteo chiedo lealtà” (Intervista al Corriere). La delusione di Roberto D’Alimonte: “Il nuovo Italicum dem? Luci e ombre. Se vince il No ritorna il proporzionale” (intervista al Messaggero). Mauro Calise fotografa “Il premier al rush finale” (Mattino).