Emmanuel Von Ketteler
La questione operaia e il cristianesimo
Città Nuova Editrice, 2015
di Salvatore Vento
La pubblicazione del libro del vescovo di Magonza, Von Ketteler (1811-1877), rappresenta un importante contributo alla conoscenza di un autore molto citato come precursore del pensiero sociale cristiano, ma poco conosciuto; l’unica traduzione in italiano risale al 1870 e Alberto Lo Presti l’ha aggiornata rendendola più comprensibile al lettore di oggi. Il periodo storico dell’esistenza di Ketteler coincide con la nascente industrializzazione e con la formazione del proletariato industriale. Quando Karl Marx scriveva il Manifesto del 1848, e ovunque in Europa sorgevano movimenti di rivolta e di aperte rivoluzioni, il prete tedesco con le sue prediche riempiva la cattedrale di Magonza (nel Land Renania Palatinato). A Roma regnava Papa Pio IX che nel suo lungo pontificato di trentuno anni (1846-1878), culminante nell’enciclica “Quanta cura”, aveva enunciato le famose ottanta preposizioni (Sillabo) contro la modernità e contro il materialismo illuminista. Anche nel campo più propriamente scientifico, nel 1859 Darwin nella sua principale opera – “L’origine della specie” – lanciava la teoria evoluzionista e tutto sembrava complottare contro una Chiesa fermamente chiusa in difesa del potere temporale e dell’infallibilità del Papa. Intanto i diversi gruppi socialisti costituivano la Prima Internazionale e a livello sociale nascevano i primi sindacati dei lavoratori.
Al di là del merito delle proposte operative, il grande valore dell’opera di Ketteler consiste nel considerare la classe lavoratrice come una questione intrinsecamente legata al cristianesimo. Rivendico, egli affermava, il titolo di amico della classe operaia, ogni soluzione ai problemi dei lavoratori è già nella sua essenza una questione cristiana e la Chiesa è chiamata a parteciparvi. L’amore cristiano per i poveri è connaturato all’insegnamento e alla vita di Gesù, a differenza del mondo greco e romano che disprezzava il lavoro manuale e legittimava l’esistenza degli schiavi. L’obiettivo dei cristiani impegnati nel sociale e in politica rimaneva quello di sollevare la condizione morale e materiale della classe operaia. Da queste considerazioni derivava la legittimità degli interventi di Ketteler che tanto scandalizzavano i clerico latifondisti e i cattolici sostenitori dell’ordine sociale esistente. In Germania la politica dei cattolici era prevalentemente opera dei nuclei del ceto conservatore che utilizzavano la religione a scopo elettorale.
Ammoniva von Ketteler: la tribuna (cioè la politica) e la stampa sono dominati dai partiti al potere e le questioni che discutono e si leggono non hanno nulla a che fare con le condizioni di vita della gente comune. Il lavoro è di fatto diventato una merce ed è soggetto alle leggi della domanda e dell’offerta che regolano le merci. In un regime economico di concorrenza l’impresa deve abbassare i costi di produzione per imporsi sul mercato, costringendo a loro volta gli operai a lavorare per salari più bassi che non sono neanche sufficienti a soddisfare i bisogni essenziali.
Il partito liberale al potere era composto, da una parte, da massoni e da rappresentanti del grande capitalismo, e, dall’altra, da quei professori razionalisti che banchettavano con loro e davano dignità intellettuale a precisi interessi materiali. La tendenza oggettiva dell’economia di mercato portava alla diminuzione del numero dei lavoratori indipendenti e all’accrescimento della massa dei salariati. In un articolo pubblicato su “Il popolo” del 1924, Igino Giordani faceva notare che, mentre si acuiva il dissenso tra gli esponenti socialisti (Bebel e Liebknecht), Ketteler proponeva una serie di riforme che accoglievano molti punti del programma socialista considerati compatibili col cristianesimo sociale. Fin dalla prima lettera a Lasalle, Ketteler sottolineava la necessità di una radicale riorganizzazione sociale finalizzata a trasformare i salariati in proprietari. Il capitale necessario allo sviluppo delle associazioni produttive doveva però derivare non dallo Stato (come sosteneva Lasalle), ma dalle donazioni volontarie dei benestanti. Nutriva un vero odio contro l’assolutismo burocratico che minacciava il legittimo sviluppo della personalità dei lavoratori e i diritti dell’umana dignità. Non c’era perciò da stupirsi che queste riflessioni venissero considerate da Bismarck pura demagogia. Con il “Kulturkampf” Bismarck esaltava infatti l’idea di uno Stato prussiano onnipotente e imperiale; voleva l’assorbimento nella ragion di Stato di tutti i valori spirituali contrapponendosi così alla Chiesa cattolica.
Per le numerose iniziative caritatevoli, Ketteler ricevette attestati di stima da laici, protestanti ed ebrei e nel 1848 venne eletto deputato dell’Assemblea di Francoforte. Successivamente, nel 1873, proseguì l’esperienza parlamentare con l’elezione a deputato nel primo Reichstag nelle liste del Centro cattolico. Una parte consistente del suo impegno politico, scrive nella presentazione Alberto Lo Presti, fu speso per garantire la libertà della Chiesa cattolica e per far rientrare all’interno della stessa lo studio della “questione operaia”, anche nella formazione dei programmi dei seminari dei giovani tedeschi.
Salvatore Vento
*L’articolo è uscito su “Via Po”, supplemento settimanale del quotidiano della Cisl “Conquiste del lavoro” del 21 maggio