di Giampiero Forcesi – Giorni fa prendo un treno alle 20.30 da Bologna, diretto a Roma. Un Frecciarossa mi pare. In seconda. Nel vagone, dopo Firenze, restano parecchie persone che non hanno per destinazione Roma, come invece ho io. Chi va in Calabria, a Lamezia, chi in Sicilia, a Catania. Una signora non più giovane viaggia da sola; è diretta a Catania, per passare un paio di mesi con la madre anziana. Ha due grosse valigie, di quelle di una volta, senza rotelle, e una borsa. E’ una persona molto discreta. Vedo che vorrebbe chiacchierare un poco, ma io sono un po’ sulle mie. Ho la febbre e vengo da due giorni faticosi. Non vedo l’ora di tornare a casa. Però si finisce per scambiare qualche parola. Anche con altri. C’è una giovane madre con la figlia, dirette a Lamezia, tre lavoratori che rientrano in Sicilia per le ferie, un vecchio, anche lui siciliano, un po’ confuso, che chiede spiegazioni sul viaggio. Infatti, un problema c’è. Come si sa, da qualche tempo le ferrovie hanno eliminato i treni a lunga percorrenza. Da Milano o Torino, o Bologna, non si arriva più a Reggio Calabria e in Sicilia. A Roma si scende. Si deve cambiare. La donna con cui ho preso a parlare dice con molto garbo che ora è diventato più difficile viaggiare, per lei. A Milano, da dove viene, l’hanno accompagnata e l’hanno aiutata per le valigie. A Catania, l’aspettano per l’indomani mattina, alle 10, quando arriverà. Ma come farà, a Roma, a portare i bagagli da un binario all’altro? E poi, mi viene di dirle, non ci sono neanche più quei portantini con i carretti che c’erano una volta e che ti aiutavano in cambio di una mancia o con una tariffa minima. “Sì, era comodo”, dice la signora, e aggiunge: “Già, ma perché ci tolgono le comodità?”. Le fa eco il vecchio, qualche posto più in là, che dice che adesso non si può più, come si faceva una volta, portare regali ai parenti, scatole, cose alimentari, abiti… Quando il treno andava da nord a sud, e viceversa, si poteva; adesso non più.
La signora di Catania mi chiede se posso aiutarla, arrivati a Termini, a portarle una valigia. Sono stanco morto, ma dico di sì, naturalmente. S’arriva che sono quasi le 23. Scendiamo, raggiungiamo la testa dei binari e aspettiamo un poco perché venga fuori sul tabellone luminoso il numero del binario su cui partirà il treno per la Sicilia. Binario 7. Risaliamo dalla locomotiva fino alla carrozza numero nove, dove la signora ha il posto prenotato.
Dopo aver lasciato la signora a destinazione, mentre ripercorro il binario e attraverso la stazione, mi chiedo anch’io, come lei, perché tolgano le comodità più elementari. Certo, i costi. Ma resta che ogni innovazione, ogni razionalizzazione, dovrebbe tenere conto delle persone più deboli e dei bisogni più elementari. Se il nuovo che si vuol progettare, e la razionalizzazione dei costi che si vuol perseguire, non offrono a queste persone e a questi bisogni una risposta appropriata, allora vuol dire che non sono sulla strada giusta. Probabilmente né per i più deboli né per la maggior parte della popolazione.