Opacità e trasparenza stanno diventando sempre più i due “poli” che segnano una valutazione positiva o negativa di una realtà, un comportamento e…anche di una persona. L’opacità non è tanto un errore o una bugia quanto una condizione, una scelta globale di non verità e una negazione al dialogo, alla relazionalità. L’opacità è forse peggio dell’errore e della bugia, così come la trasparenza è persino più bella della scelta giusta e della cosa vera perché costituisce una condizione, una scelta di fondo: di verità e di apertura fiduciosa. Ha fatto bene, dunque, la rivista Servitium (quaderni di ricerca spirituale con sede presso l’abbazia di sant’Egidio a Sotto il Monte e cresciuta nello spirito di papa Giovanni e di David Turoldo) a dedicare un intero fascicolo al tema “opacità e trasparenza” con riflessioni e analisi di grande interesse per chi voglia capire davvero in quale mondo viviamo e quali strade si possano cercare e trovare per uscire un po’ più alla luce del sole. Al numero 210 (quarantasettesimo anno della rivista!) hanno collaborato Maria Cristina Bartolomei, Enrico Peyretti, Armido Rizzi, Italo De Sandre, Massimo Faggioli, Angelo Casati, Giannino Piana, Vanda Ghedin, Giuseppe Grampa, Ferdinando Sabatino, Francesco Castelli, Giovanni Benzoni, Luisa Malesani Benciolini, Gianfranco Bottoni, Salvatore Scaglione e Ursicin G.G. Derungs. L’analisi appassionata della dialettica tocca vari aspetti della vita, della società civile, della comunicazione, della relazionalità interpersonale… ed anche della comunità ecclesiale.
Analogo spirito di riflessione e di ricerca della verità anche nella vita quotidiana ispira il fascicolo di gennaio 2014 della rivista Oreundici. Arturo Paoli, Mario de Maio, Carlo Molari, Roberto Mancini, Letizia Lombardi, Silvia Pettiti esprimono con toni diversi ma con una grande convergenza di spirito l’importanza di scoprire la forza creatrice e trasformatrice dello scoprirsi e del “sentirsi” figli (e correlativamente genitori). È la scoperta di una straordinaria ricchezza umana (e religiosa!) che rende non solo più forti ma più “uomini e donne”, più fratelli, più capaci di ricevere e di dare, anche quando ciò esige grande coraggio. Le riflessioni di Oreundici (e non solo di questo fascicolo) aiutano il lettore a scoprire, pur nelle inevitabili difficoltà, le risorse delle relazioni umane vissute in una visione complessiva di impegno, di dono e di accoglienza. Un modo per diventare anche degni “figli di Dio”.
Quando si dice Mediterraneo… molti pensano ancora ad una sorta di “cortile di casa” o, al più, di un bacino che unisce terre adiacenti ad amiche, un grande lago che unisce popoli e storie familiari; una “culla” serena, illuminata da una comune attesa della novità. Insomma, non è proprio così e ce ne accorgiamo quando vediamo le terribili barche dei disperati. E le cose peggiori forse non le vediamo neppure. Bisogna invece riflettere su quante tragedie e tensioni si affacciano da varie parti sul mare nostrum. E non solo per le tragedie della povertà, della fame, ma anche per i serissimi problemi di ordine politico, sociale, culturale…e forse anche religioso. Infatti, leggendo l’ultimo numero della bellissima rivista Religioni e società (dicembre 2013), dedicato alla situazione delle Chiese nello scenario mediterraneo dopo la “primavera araba”, vien da riflettere sulle conseguenze che avranno nell’area mediterranea nei prossimi anni la “primavera araba”, i mutamenti politici, le pressioni demografiche. Se tutto ciò non verrà affrontato tempestivamente, con lungimiranza politica e soprattutto con attiva azione e un vero dialogo culturale (“un nuovo umanesimo di solidarietà e d’integrazione!…”), il futuro potrebbe diventare difficile per tutti. Oltre all’editoriale di Arnaldo Nesti, direttore della rivista, è di grande interesse l’intervento, ospitato sulla rivista, del vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero. Sempre con attenzione al futuro che ci attende è molto interessante anche lo studio di Franco Bonarini sui comportamenti religiosi in Italia (dalla partecipazione ai sacramenti alla partecipazione alla Messa domenicale e alle altre pratiche religiose tra le generazioni più giovani (sia tra cittadini italiani che immigrati).
Spirito e Vita è un mensile di spiritualità offerto soprattutto alle religiose, ma è molto interessante anche per chiunque abbia interesse alla vita ecclesiale, alla spiritualità e ai temi della presenza femminile nella Chiesa e nella società contemporanea. Il fascicolo n 10/2013 è particolarmente interessante perché tutto dedicato alla spiritualità del quotidiano, identificata soprattutto con il modello di Maria: la mamma di Gesù è infatti il modello di una fede vissuta con semplicità e obbedienza, giorno dopo giorno, a partire dalle piccole cose ma con una grande apertura alla “relazione” con gli altri: uomini e donne, piccoli e grandi. Le donne, scrive Giuliana Martirani, sono più capaci di ascoltare e obbedire, di amare e coltivare. “I talenti femminili, professionali e spirituali, le relazioni intuitive e di amore creano le premesse per un mondo nuovo, dove Dio è il primo, seconda l’umanità attenta a rinnovare gli uomini, soprattutto i più poveri e bisognosi…”.
“Non c’era posto per loro, allora come oggi…”: così Giuseppe Grampa, direttore de Il Segno, mensile della diocesi di Milano spiega la copertina in cui sono ritratti un giovane e una ragazza con due bimbi piccoli in braccio. Sono forse immigrati o profughi, certo poveri. L’immagine vuole interpellare la comunità cristiana. Anche per Giuseppe e Maria…. “non c’era posto…”. E noi oggi che cosa facciamo? forse…non abbiamo capito il Vangelo?! Tutto il numero del periodico, cui collaborano soprattutto laici, è orientato a svegliare la coscienza dei “buoni cattolici” presentando problemi ed emergenze che chiedono un nuovo e più efficace impegno della comunità cristiana. C’è anche un articolo di Valerio Onida. Il presidente emerito della Corte Costituzionale, famoso giurista ma anche da decenni presenza attiva nel mondo cattolico “conciliare”, ricorda che anche in Italia oggi c’è “troppa gente in carcere (e anche in tribunale)” e invita sia a misure “ordinarie” (ridurre i casi di custodia in carcere, favorire percorsi di riabilitazione sociale….) che “straordinarie” (tipo amnistia).
(a. bert.)