Nel suo intervento a Camaldoli, il 28 agosto, nella seconda giornata della Settimana teologica del Meic (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale), il ministro della Salute ed ex presidente dell’associazione, Renato Balduzzi, ha lasciato da parte per un momento i temi della salute e si è lasciato andare a una riflessione più ampia. “La crisi economica è l’occasione per maturare un necessario cambiamento culturale: passare dalla prospettiva di un mondo di ‘solitari’, fatto di relazioni strumentali, dove c’è spazio solo per un’economia avida e arida, a un mondo di ‘solidali’, un sistema aperto al bene, allo sviluppo sostenibile, alla responsabilità sociale. Questa sfida, come con grande lucidità e passione ha sottolineato, commemorando De Gasperi, il ministro Riccardi, va tradotta in cultura politica”.
“Il nostro compito – ha detto, riprendendo una frase cara a Mino Martinazzoli e riferendosi alla sua esperienza politica – è rendere forte il giusto e rendere giusto il forte“. “La ‘forza’ – ha chiarito – sono le istituzioni. Rendere giusto il forte quindi vuol dire declinare bene il rapporto tra la forze democratiche, vuol dire rappresentare in maniera efficace la volontà popolare con una legge elettorale giusta, vuol dire preservare e difendere la nostra forma parlamentare del cui equilibrio non possiamo fare a meno. Rendere forte il giusto vuol dire studiare sempre di più le forme di democrazia partecipativa, investire sul terzo settore e sulla finanza etica, vuol dire ‘deglobalizzare’ e ‘riglobalizzare’, cioè ricondurre alcune questioni politiche alle scelte dei territori e contemporaneamente ricercare una maggiore equità fra nord e sud del mondo”.
Il cattolicesimo democratico “per noi – ha osservato – si traduce nel lavorare sulla base di una passione civile autentica. Ciò non significa contrapporre la nostra storia e le nostre metodologie a quelle degli altri, ma si tratta di animare le realtà locali e le Chiese locali con la nostra attenzione e sensibilità: docili alle illuminazioni del Magistero e ai principi che ci vengono richiamati, umilmente consapevoli della responsabilita di tradurli nella mediazione culturale e politica, in particolare legislativa e amministrativa, secondo il criterio non del male minore ma del massimo bene possibile. Sulle questioni della bioetica come su quelle dell’equilibrio tra lavoro, salute e ambiente, quello del massimo bene possibile è certamente il criterio che ci deve guidare”.