Si tratta di un brano inedito, tratto dal suo computer e inviatoci dalla moglie Laura. Ci piace che le parole di Paolo ci siano di compagnia in giorni nei quali torna di nuovo l’ambiguità di voler trarre “deduzioni politiche da principi cristiani”.
Mi piacerebbe sentir citare a memoria, in tutte le associazioni, nei gruppi giovanili, nei movimenti, nelle parrocchie, nelle omelie domenicali, il famoso articolo di Giuseppe Lazzati “Azione cattolica e Azione politica” (Cronache Sociali, n.2, 1948), l’editoriale di Emmanuel Mounier “Agonia del Cristianesimo?” su Esprit del giugno 1946, o il paragrafo 42 della Costituzione conciliare Gaudium et spes. “Quando il Cristo ha detto «il mio Regno non è di questo mondo», non ci ha detto che noi non siamo di questo mondo, ma che il suo messaggio non era direttamente destinato alla felice sistemazione di questo mondo. A questa sistemazione, noi dobbiamo lavorare in presa diretta con le difficoltà dell’ora, e non avvilire la trascendenza cristiana in alcune sistemazioni zoppicanti, ridicole di fronte al mondo e di fronte a Dio”… Noi non contestiamo che un cristiano debba interrogarsi sull’incidenza delle strutture politiche nello statuto spirituale di una società, noi non chiediamo a nostra volta che come cristiano si voti sì piuttosto che no. Noi diciamo solamente che nulla è più ambiguo, fragile e contestabile che le deduzioni politiche tratte da principi cristiani” (Emmanuel Mounier). “La forza che la Chiesa riesce a immettere nella società umana contemporanea consiste in quella fede e carità effettivamente vissute, e non in una qualche sovranità esteriore esercitata con mezzi puramente umani” (Gaudium et Spes, paragrafo 42).
Sentire atei devoti o cattolici dichiaratamente non praticanti o non coerenti con gli stili di vita invocati dalla Chiesa farsi difensori dell’identità cristiana (l’unica identità dei discepoli del Dio Amore è la forza d’amare, l’unico distintivo, l’unica tessera, l’unico ufficio stampa è “vi riconosceranno da come saprete amarvi”), o del crocifisso nelle scuole (segno del dono della vita per gli altri, memoria e simbolo dunque di accoglienza, di dialogo, di fraternità, della debolezza e non della potenza della croce e non dunque arma identitaria contundente), francamente deprime e scandalizza.
Rahner diceva, giustamente, che il cristianesimo del 2000 sarà mistico o non sarà. E’ questa la vera sfida. Il ritorno alla fede nuda delle prime comunità cristiane, il progressivo, sereno, abbandono delle piste privilegiate e delle illusioni temporaliste di potenza e presenza che non sia il lievito del saper amare fino a dare prima il mantello e poi la vita per l’altro, per il nemico. Il cristiano – secondo le stupende parole di Charles de Foucauld e di Vittorio Bachelet – “amico di tutti”, il cristiano che fermenta la terra e che è “cattolico”, cioè universale, dunque costitutivamente mulatto, meticcio, come San Martin de’ Porres. “I non cristiani possono essere nemici di un cristiano – scriveva il beato Charles de Foucauld -, un cristiano è sempre tenero amico di ogni essere umano”.