Sentivamo tutti la mancanza di una netta presa di posizione contro papa Francesco sui temi della ‘misericordai di Dio’, della sua ‘tenerezza’ verso l’umanità, soprattutto riguardo al tema specifico della partecipazione ai sacramenti che sarà discusso tra poco in Vaticano alla presenza del Papa e di una consistente rappresentazione dei vescovi nel mondo. Interesse particolare sarà rivolto a quei cristiani che, nel mondo, vivono in condizione di divorziati, separati ecc.
Pare che questa mancanza sarà puntualmente colmata dallo scritto di alcuni cardinali che uscirà ai primi di ottobre, già indicativo di una divisione dentro la Chiesa, con il titolo: <Permanere nella verità di Cristo. Un verbo pesante questo di ‘rimanere’ ‘manre’, specie nel vangelo di Giovanni, nei lunghi capitoli finali, nella preghiera di Gesù (13-17).
Secondo questi autori, chi mai ‘permane’ nella verità di Gesù? Soltanto i loro tradizionali ‘fans’ che si aggirano in Europa e in America?
Cinque cardinali, con qualche aggiunta: ma rappresentano una buona fetta della Chiesa cattolica che non si adatta alle cure di povertà e di umiltà che Papa Francesco sta dettando al mondo.
Qualcuno ha scritto <i lupi sono arrivati!>, mentre Enzo Bianchi aveva parlato di <brinata> in arrivo: in primavera, le brinate, simili al gelo, bruciano i campi che sono appena verdeggianti di grano.
Tra i nomi più noti di questi personaggi, non potevano mancare quello dell’ineffabile moralista, vescovo di Bologna, Card. Caffarra, l’altro italiano card. De Paolis, noto e stimato giurista, e il buon tedesco Muller, posto a salvaguardia della Fede cattolica.
Si potrebbe dire: <pochi, ma buoni!>. Personaggi distintisi nella loro vita non come pastori, ma come bravi giuristi: il Diritto Canonico, invece del vangelo.
Si ripropone, come già al Concilio Vaticano II, l’atteggiamento aggressivo dei ‘difensori’ della Chiesa in opposizione ai vescovi pastori del popolo di Dio.
Una chiesa ‘magistra’ più che ‘madre’, mentre papa Francesco nelle sue ultime omelie del mercoledì continua la sua catechesi di Chiesa-madre.
o penso a mons. Romero, a mons. Helder Camara, a don Tonino Bello, al grande cardinal Schuster di Milano, al card. Martini e tantissimi vescovi-pastori nelle varie realtà del mondo: pastori perchè, come Gesù (Gv 10,1-18), vivono nel grande fiume della storia degli uomini, delle loro sofferenze e speranze e di quella parte di umanità che non vive più, nella religione, l’angoscia e la paura pagana delle antiche divinità minacciose, ma si lascia, pur tra grandi dubbi e incertezze, guidare, amare, salvare dalla rivelazione dell’amore che si è realizzata nell’Antico e Nuovo Testamento.
Un ‘patto’ che Dio, prima nella Torah e poi in Gesù, ha donato agli uomini e al mondo. Cos’altro è la ‘religione’, se non un rapporto di vita e di speranza con il Signore creatore e salvatore?
A che altro servirebbe la religione, la fede, il comandamento, se non a metterci -nel mistero – in comunione con il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, che è il Dio di Gesù Cristo?
Ma perchè mai scrivere un libello che mette in discussione (perchè questa la verità) un servizio pastorale come quello di papa Francesco, teso tutto a ricuperare il ‘vangelo’ di Gesù, la sua mitezza che è immagine di quella del Padre?
Chiedo a questi personaggi: <ma voi non avete mai letto il libro dell’Esodo?
Cosa fa Mosè, pastore e legislatore di Israele, se non chiedere continuamente a Jhavé, di avere misericodia del ‘popolo’ che Dio stesso aveva creato e fatto ‘uscire’ dall’Egitto? E Dio interviene continuamente, riconoscendo giuste le proteste del popolo e dà loro l’acqua e la ‘manna’, che pure ha qualche analogia con l’eucaristia (come dice sempre Giovanni 6,30-33)>.
Ma vedete, carissimi cardinali, il nostro è un tempo straordinario di grazia, oltre che di peccato: papa Francesco, non meno di Mosè, vuol donare al popolo e al mondo, che lo guarda con stupore e ammirazione, la grazia della bellezza della fede, della fiducia in Dio, della speranza, virtù cristiane che nessun codice può trasmettere: anche questo forse vorrà dire qualche cosa, e cioè che gli uomini di questo tempo, così spesso minacciati da eventi bellici e di povertà collettiva ancora drammatici, non hanno bisogno di avere dalla Chiesa stanche diatribe giuridiche o guerre di primogenitura.
Invece, scoprite anche voi di essere peccatori, e cercate anche per voi il dono della umiltà, come ha fatto Maria la madre di Gesù (Lc 1,48), dopo aver riconosciuto la potenza di Dio che ha ‘deposto i potenti dai troni’ (v.52); anche oggi il Signore è qui per ‘soccorrere’ il nuovo Israele (v.54). Mettetevi anche voi nel grande fiume della storia e della umanità che cerca il ‘volto’ di Dio.
Questa è l’ora nella quale il Signore ‘passa’, ancora una volta, con lo stesso eterno amore rivelato da Gesù (Gv 13,1). E’ un tempo di ‘grazia’ (il kairos).
don Enrico Ghezzi