“L’annuncio del Vangelo sia liberante, mai opprimente. E la Chiesa sia segno di libertà e di accoglienza! (…) Vi dico una cosa che è successa tempo fa. La lettera di un Vescovo, parlando di un Nunzio. Diceva: ‘Mah, noi siamo stati 400 anni sotto i turchi e abbiamo sofferto. Poi 50 sotto il comunismo e abbiamo sofferto. Ma i setti anni con questo Nunzio sono stati peggiori delle altre due cose!’. A volte mi domando: quanta gente può dire lo stesso del vescovo che ha o del parroco? Quanta gente? No, senza libertà, senza paternità le cose non vanno”, così Francesco nel suo discorso “Ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, ai seminaristi e ai catechisti”, nella cattedrale di S. Martino, a Bratislava. A commento l’editoriale di Andrea Tornielli, “La secolarizzazione e i nuovi ‘alfabeti’ per annunciare la fede” (Vatican news). SUL BREVE PASSAGGIO IN UNGHERIA: Gian Guido Vecchi: “Il messaggio di Francesco a Orban: bisogna allargare le braccia agli altri” (Corriere della sera) e Francesco Lepore, “A Budapest il Papa parla di accoglienza mentre il portavoce del premier si inventa su Twitter la #orbanophobia” (formiche.net).
13 Settembre 2021
by Giampiero Forcesi
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