La crisi economica originatasi nel 2008 sta impattando in misura considerevole sull’occupazione e sulle prospettive di vita dei giovani meridionali. L’ultimo rapporto Svimez ricorda che, nel triennio 2008-2011, gli occupati giovani (under 30) sono scesi dell’11% a livello nazionale, del 22% al Sud. Vi è difficoltà a trovare lavoro e difficoltà a conservarlo. Si riduce la motivazione allo studio (in calo le immatricolazioni all’Università) ed aumenta il numero dei Neet (not in education, enployment or training) cioè dei giovani che non lavorano e non studiano. In Italia si tratta di 3,2 milioni di giovani, 1,8 dei quali vive al Sud. Un dato impressionante, quasi la metà dei giovani meridionale, semplicemente, non fa nulla!
Giovani choosy, come li definirebbe il ministro Elsa Fornero? Giovani schizzinosi che non vogliono fare lavori non graditi? Forse in parte. Così come in parte si tratta di giovani lavoratori in nero, costretti a lavorare senza contratto e senza diritti.
Ma la maggior parte sono giovani senza prospettive, senza speranza di futuro, perché credere nel futuro è difficile e richiede anche i mezzi per decidere di investire ancora nella formazione o solo per scegliere di emigrare.
Su questi giovani, però, non si può, con disinvoltura, scaricare la responsabilità della crisi che vivono, limitandosi ad inventare gli aggettivi che possano, di volta in volta, apparire più cool.
La società degli adulti deve fare autocritica. Quanta parte ha avuto