29 Dicembre 2012
by Vittorio Sammarco
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29 Dicembre 2012
Riproduciamo, in questo spazio più “interno” all’area della rete c3dem, l’articolo pubblicato il 29 dicembre 2012 su “Europa”, quasi a continuazione di un altro articolo uscito lo stesso giorno su “l’Unità” e anch’esso riprodotto nel nostro sito. L’autore è senatore del Pd e redattore della rivista “Appunti di cultura e politica”, pubblicata a cura dell’Associazione “Città dell’uomo”
Ci si interroga sul sostegno aperto delle gerarchie romane (sottolineo: romane) all’iniziativa politica di Monti. Una relativa novità. Nei lunghi anni che ci separano dal 1995 – anno spartiacque, coinciso con il grande convegno ecclesiale di Palermo – grosso modo il tempo dominato dalla figura controversa di Berlusconi, i vertici ecclesiastici hanno seguito un doppio binario: l’enunciazione della legittimità del pluralismo politico tra i cattolici italiani e il malcelato, pratico sostegno al centrodestra. Più esattamente: la diffidenza e persino l’ostilità verso l’Ulivo e il centrosinistra. Ne sa qualcosa Romano Prodi, che ne fu ferito anche sul piano personale. A lui non si perdonavano due cose: l’esercizio pratico dell’autonomia laicale e politica (da “cattolico adulto”, una bella formula legata al Concilio, la meta stessa della educazione cristiana dentro la modernità secolare, che fu significativamente bollata come espressione presuntuosa e polemica) e l’avere egli patrocinato e capeggiato uno schieramento di centrosinistra, l’Ulivo. Ulivo che per un verso sanciva l’agognato approdo a una democrazia sanamente competitiva e dell’alternanza dopo mezzo secolo di democrazia bloccata, per altro verso faceva segnare il carattere irreversibile dell’approdo al pluralismo politico tra i cattolici e l’esaurimento dello schema unitario. Prima nella Dc e poi nei suoi più esili epigoni, quali il Partito popolare di Martinazzoli.
Ora sembra che si vogliano sospingere indietro le lancette dell’orologio,
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