Non abbiamo ancora certezze. Ma sembra ormai chiara la decisione di Monti di impegnarsi nella battaglia politica in vista delle elezioni, sponsorizzando in qualche forma un rassemblement centrista. Un senatore a vita non si può candidare, ma può certamente ricoprire qualche altro ruolo politico in una campagna elettorale. La notizia non è banale e merita qualche osservazione ancor prima di conoscere il quadro preciso.
La scelta del presidente del Consiglio non è affatto illegittima, ma appare certo un po’ sorprendente e anche impegnativa per il futuro. Uscire dal ruolo di tecnico d’emergenza e di uomo delle istituzioni lo porterà a prendere parte, anche in termini di stile, di linguaggio e di progetto. Non potrà più mascherare le proprie priorità dietro a presunti «obblighi» imposti dai mercati o dall’Europa: la tanto evocata «agenda Monti» del governo di emergenza non potrà semplicemente essere riportata come programma di un governo politico. Dovrà essere politicizzata, spogliata del suo carattere in qualche modo obbligato, e questo non sarà un male. Se il presidente non lo farà, darà l’idea di un ruolo piuttosto marginale della politica: e allora perché «correre» e non attendere semplicemente un nuovo incarico «sopra le parti»? Capiremo quindi meglio Monti, alla prova della polemica e della dialettica con gli avversari. E Monti dovrà convincere e trovare consenso. Vedremo come e quanto ci riuscirà: non è detto che l’aura di stima diffusa per chi ha ridato serietà alle istituzioni e al paese si trasformi in comprensione e appoggio verso la sua presa di parte. Mi pare