Repubblica del 1° novembre. Breve editoriale non firmato. Quindi della massima rilevanza. Titolo: “Le conseguenze”. La direzione di Repubblica chiede le dimissioni del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri per il suo interessamento, nei mesi scorsi, al caso di Giulia Ligresti, in carcere insieme ad altri membri della sua famiglia per l’accusa di falso in bilancio e aggiotaggio.
Non basta, a Repubblica, che i Procuratori della Repubblica di Torino (tra cui Giancarlo Caselli) abbiano dichiarato che la concessione degli arresti domiciliari a Giulia Ligresti “è avvenuta esclusivamente in base alla convergenza di decise circostanze obiettive: le condizioni di salute, verificate con consulenza medico-legale, e l’intervenuta richiesta di ‘patteggiamento’ da parte dell’imputata”. No, a Ezio Mauro non basta. Vuole le dimissioni del ministro. Le ripetute dichiarazioni della Cancellieri di avere fatto una semplice segnalazione, come in molte altre occasioni, non lo convince. Scrive: “C’è una sola cosa che la Cancellieri non ha mai detto davanti alle richieste dei Ligresti, la più semplice: sono il Guardasigilli, ho dei doveri di Stato”. E conclude: “Questa mancanza e quella premura imbarazzano le istituzioni. Il ministro ne tragga le conseguenze”.
Ora, a me sembra che questo insistito, reiterato, giustizialismo sia andato oltre i limiti del buon senso. Che denoti un’idea rigida, giacobina, della politica e delle istituzioni. Un formalismo che, mentre sembra esprimere il massimo di aderenza al senso delle istituzioni e alla loro integrità, finisce per irrigidirle e per disumanizzarle. Con in più una sorta di disinteresse nei confronti della tenuta politica del Paese. Una sorta di cinismo. Quasi un “tanto peggio tanto meglio”.
Avevo scritto queste righe la mattina del 1° novembre, dopo aver comprato Repubblica. Poi le ho messo da parte, insieme alla mia rabbia. La sera, in televisione, c’è Crozza, “Il paese delle meraviglie”. La satira. La satira fa bene, si sa. Demitizza il potere. Bene. Arriva puntuale il siparietto sulla Cancellieri. Che viene bellamente ridicolizzata. E, in sovrappiù, arriva lo sfottò a Napolitano. La trama è la seguente: Napolitano ha fatto un patto segreto con Berlusconi. Si è impegnato a salvarlo, in un modo o nell’altro. Soprattutto tenendo in piedi il governicchio delle larghe intese. E in cambio, il Presidente, non ne ha nulla? Certo che sì: riceve una valigetta piena di quattrini. Berlusconi se l’è comprato.
A me la rabbia aumenta. Che senso ha svillaneggiare il ministro della Giustizia (una persona seria come Anna Maria Cancellieri) e il Presidente della Repubblica (una persona seria come Giorgio Napolitano) in una stagione del Paese in cui la gente è esasperata, sfiduciata, ostile alla politica? Da dove viene questo senso di superiorità, questa presunzione di poter fare, sulla stampa e in tv, i moralizzatori a oltranza, i maldicenti per partito preso?
Passa un giorno. 2 novembre. Leggo il Corriere della Sera. Non ci sono editoriali d’accusa alla Cancellieri, ma gli articoli dedicati al suo caso hanno un tenore non molto dissimile dall’editoriale di Mauro del giorno prima. C’è tutto un allineamento del fronte antiberlusconiano, Grillo in testa, con poche eccezioni, nei partiti e sulla stampa, che mette alla gogna la Cancellieri. Che la sfida a difendersi. Se sa, se può. Il moralismo dilaga.
E arriva fino a Massimo Gramellini, la sera, a “Che tempo che fa”. Lui dice che abitare in un palazzo di proprietà di Ligresti, dove abitano altri politici o giornalisti Rai, vuol dire far parte della casta. E dunque essere contro il popolo. E, dunque ancora, a meritarsi di essere avversati. E invita il ministro a farsene una ragione.
A me ora la rabbia è scemata. E’ subentrato lo sconforto. Credo che il paese non rialzerà la testa se continuerà a essere aizzato contro tutto e tutti. Questo serve solo a fiaccarlo. Questa incredibile presunzione di stabilire cosa è giusto in quattro e quattr’otto (“Dimissioni!”), questa pretesa di purezza assoluta (negli altri), questa pulsione moralizzatrice ad oltranza, mi paiono tutti elementi che aggravano la situazione già penosa in cui versa il Paese. Iniettano diffidenza verso tutto, alimentano il rancore e l’ostilità, allontanano, invece di avvicinare, il tempo del riscatto, vero, del Paese.
Giampiero Forcesi
3 Novembre 2013 at 18:58
Sono perfettamente d’accordo. E’ ora di finirla con queste esagerazioni. Questo chiaro “tanto peggio, tanto meglio” fa ribrezzo. Da qualsiasi parte venga. E questo “muoia Sansone con tutti i Filistei” verso Renzi , da parte della sinistra è comprensibile, ma inaccettabile. Non è vero che in politica il fine giustifica i mezzi. Negli scorsi giorni, dopo aver letto il dileggio di tutti verso Renzi, perchè affermava di non condividere la proposta di Napolitano, relativa all’amnistia ed all’indulto,
mi è capitato di leggere un documentatissimo articolo del Magistrato Adriano Sansa su Famiglia Cristiana (n. ) nel corso del quale si spiegava, dettagliatamente, come fosse sbagliata la proposta dell’amnistia e dell’indulto NELLA ATTUALE SITUAZIONE, ed indicava quali erano invece le iniziative giuste, documentandole e spiegandole. Ora io capisco che una parte della vecchia guardia del PD (i rottamandi in pectore) siano molto preoccupati,……ma che si minacci di buttare a mare il lavoro interno al PD (o di cambiare le regole) perchè non si vuole rinnovare il partito stesso, mi sembra troppo. Come possiamo pensare di raccogliere consenso in questo modo.?
NON SI PUO’ NE’ SI DEVE CONTINUARE CON IL TANTO PEGGIO TANTO MEGLIO.
3 Novembre 2013 at 19:08
Mi scuso per l’omissione.
La fonte dell’articolo del Magistrato Adriano Sansa su amnistia ed indulto è Famiglia Cristiana, n. 42, del 20 Ottobre scorso, pag.38. Grazie
7 Novembre 2013 at 20:29
Mi viene in mente quella profezia -di Isaia, credo, ma chi sa meglio mi corregga-
“non giudicherà secondo le apparenze né prenderà decisioni per sentito dire”.
E ancora mi vengono in mente le fenomenologiche riflessioni (ne fece cinque, per brevità!), del monaco benedettino Salman, -ahimé tornato nel suo monastero in Germania- nel momento più vivace della querelle del crocifisso nelle scuole.
Il problema osservato non solo dal nostro soggettivissimo punto di vista, che non può non esserci né va camuffato, ma occorre farsi un poco da parte e proiettare il nostro sguardo sul problema da un’altra angolazione, anzi da più angolazioni.
Non possediamo la verità, non solo la Verità, ma nemmeno le piccole, o meno piccole, verità quotidiane.