di Giancarlo Gamba
Ho conosciuto Giampiero Forcesi nel 1977, quando con mia moglie Anna in attesa di Sara, arrivammo casualmente a Magliana, avendo trovato in affitto una casupola in Vicolo dei Grottoni. La casa era a piano terra, senza acqua potabile e senza riscaldamento. Venivo già da esperienze di doposcuola e di animazione di gruppi giovanili e conoscevo, per fama, la storia del borghetto di Pratorotondo, della lotta per la casa animata da Gerardo Lutte e della creazione a Magliana del Centro di Cultura Proletaria.
Decisi, senza indugio, di offrire la mia collaborazione volontaria al Centro di Cultura Proletaria e lì conobbi Giampiero, assieme ad altri cari amici: Gerardo, Rosetta, Lamberto, Enza, Augusta e tanti altri.
Mi trovai immediatamente a mio agio con Giampiero: tanti punti in comune e con un approccio alla realtà che condividevo…oltre che avere la stessa età, l’essere nati nello stesso mese e l’appartenere allo stesso segno: il sagittario. Furono anni intensi quelli tra il 1978 e il 1982 dove elaborammo (Giampiero la mente, noi il resto) al CCP un progetto di alfabetizzazione e di sostegno scolastico oltre che iniziative con i ragazzi, gli anziani, i genitori e tante altre cose… creando anche una biblioteca aperta al quartiere. Ci fu poi una lunga pausa determinata dalla decisione di Giampiero di continuare e concludere i suoi studi di Filosofia e da altri suoi impegni con varie associazioni e con il Comune di Roma. I contatti sono stati, in quel periodo, prevalentemente telefonici con qualche rimpatriata.
I rapporti ripresero nel 2004/2005 quando fui invitato da Giampiero e Rosetta, assieme al mio Istituto, Galileo Ferraris, dove lavoravo come docente di religione, a partecipare ad un progetto da lui studiato e preparato nei minimi particolari presso l’ UCSEI, e finanziato dal Ministero degli Esteri, che prevedeva l’ inserimento di uno studente africano, laureato in Scienze Agrarie, nel suo luogo d’origine per comunicare il suo sapere alla sua gente. L’ esperienza, molto positiva grazie alla capacità organizzativa di Giampiero, si concluse nel 2007 con un viaggio assieme a studenti e professori in Congo, nel Kivu e precisamente prima a Goma e poi a Mweso. La povertà che trovammo in quell’area ci indusse al ritorno di continuare il nostro impegno verso quella popolazione, creando prima un gruppo “Gli amici di Mweso” che si trasformò poi in Associazione “Kilalo-Ponte” con l’ obiettivo di sostenere scolasticamente gli studenti più poveri. Questo progetto, che dura tutt’ora, Giampiero lo ha animato e sostenuto fino alla fine dei suoi giorni.
QUALE EREDITÀ MORALE E SPIRITUALE CI HA LASCIATO GIAMPIERO?
Giampiero è stato per me un grande amico e fratello e mi è difficile sintetizzare tutta la ricchezza che ho tratto dal rapporto e dalla collaborazione con lui. Dirò, tra le tante, alcune cose che mi hanno particolarmente colpito. Prendo spunto da una frase di Gandhi
1. “SII TU IL CAMBIAMENTO CHE VUOI VEDERE NEL MONDO “
Vuoi vedere un mondo più giusto, più umano, più accogliente? …incomincia da te, cambiando la tua vita.
Ebbene la vita di Giampiero è stata per noi la testimonianza di un pezzo di mondo trasformato, concretizzando in modo radicale i valori evangelici a cui continuamente si ispirava. Ha donato tutto se stesso: il suo tempo, la sua intelligenza, le sue risorse, i suoi beni e questo con grande generosità, semplicità e umiltà, sempre pronto a mettersi in gioco qualunque fosse la richiesta, fino all’ultimo. Un mese prima che morisse, nonostante la grave malattia, partecipò alla manifestazione interconfessionale per la pace a Piazza De André con un intervento a nome della Ass. kilalo-Ponte. Circa la sua generosità ho un caro ricordo di famiglia. Con i giovani del Centro di Cultura ogni tanto ci si incontrava nello spazio fuori la nostra abitazione in Vicolo dei Grottoni. Quando Giampiero si rese conto che la nostra abitazione era malsana per via della tanta umidità e quindi poco adatta per far crescere una bimba appena nata, volle a tutti i costi che la nostra famiglia si trasferisse in un piccolo appartamento che aveva in affitto in via Pescaglia. Questo era Giampiero. Sappiamo anche che nella sua abitazione ospitò tanti stranieri per offrire loro la possibilità di avere il permesso di soggiorno.
Accanto alla sua generosità voglio ricordare la sua brillante intelligenza e la sua profonda capacità investigativa. Niente era lasciato al caso. Era consapevole della complessità della realtà che analizzava in tutti i suoi aspetti, compreso il punto di vista di coloro che esprimevano visioni diverse dalle sue e da cui sapeva trarre preziose indicazioni.
Questo approccio non ideologico alla realtà, capace di evidenziare le contraddizioni insite in ogni posizione gli permise di mantenere sempre uno spirito libero, non allineato ai vari poteri di turno, siano essi politici o religiosi.
Una tappa importante fu il lavoro della sua tesi sul Vaticano II a Bologna, nella città di Lercaro e Dossetti e discussa nel 2011. Mesi e mesi di ricerca in quella sua cara terra sulle fonti, arricchita da numerose interviste di testimoni, resero la sua opera (tesi) ineguagliabile. Riscoperta trent’anni dopo, fu pubblicata dal Mulino e rimane tutt’ora un testo indispensabile per capire l’opera e il pensiero di Lercaro e Dossetti a Bologna.
Un piccolo ricordo: Giampiero, quando si trattò di fare sintesi di tutto il materiale raccolto a Bologna per la tesi, si ritirò a 0vindoli, in una casa che una sua amica gli aveva messo a disposizione. Una domenica d’inverno io, Rosetta e la mia famiglia andammo a trovarlo. Rosetta gli portava la legna perché la casa era senza riscaldamento. Solo una stufa. Era una giornata piovosa. Il suo studio era una soffitta con un grande tavolo strapieno di libri, appunti e ritagli di giornale. Su un fianco del tavolo un gocciolio continuo scendeva dal tetto rovinato e veniva raccolto da una spugna che Giampiero sistematicamente spremeva in un catino. Questo era Giampiero. Furono per lui, ci confidava, mesi di intensi “esercizi spirituali”. Un altro aspetto dell’ eredità Giampiero che ci ha lasciato è l’esser stato a totale servizio dei poveri. Anche qui prendo spunto da un grande nostro maestro Don Milani.
2. ” FAI STRADA AI POVERI SENZA FARTI STRADA”
Giampiero ha dedicato tutta la sua vita per il riscatto dei poveri. L’ impegno a Pratorotondo con il doposcuola, i dieci anni di cantiere come operaio e delegato sindacale, l’animatore culturale al Centro di Cultura Proletaria e nelle Comunità di Base, i suoi progetti presso la Focsiv e l’Azione Cattolica, l’ impegno per sette anni presso il Comune di Roma come consulente dell’ Assessorato alle politiche sociali, la vicinanza agli studenti stranieri attraverso l’ UCSEI, e infine con l’ass. kilalo-Ponte e 3cdem, hanno avuto come unico obiettivo il “fare strada ai poveri”, offrire loro strumenti culturali e condizioni sociali che dessero la possibilità alle classi povere di migliorare la loro condizione di vita sognando un mondo più giusto e umano. E questo lo realizzò “senza farsi strada”. Giampiero aveva tutte le carte in regola per posti di responsabilità a livello politico e amministrativo come lo ha dimostrato il suo lavoro qualitativo nel sociale con Amedeo Piva al Comune di Roma e certamente avrebbe desiderato continuare a servire la sua città con scienza e esperienza, ma fu messo da parte. La sua radicalità nel testimoniare i valori in cui credeva, Il suo spirito libero e critico, il non piegarsi a compromessi, il suo essere un intellettuale dis-organico e il non avere tessere in tasca…lo rendevano “non affidabile” ai vari poteri di turno. Viveva con contratti di lavoro precari, senza garanzie.
La cosa straordinaria e paradossale è che da questo stato di ‘debolezza’ Giampiero attinse la forza, grazie alla sua profonda spiritualità evangelica, per moltiplicare il suo impegno, in totale gratuità, a favore dei poveri e dei paesi impoveriti, diventando lui stesso povero. ” Quando sono debole è allora che sono forte”.
Anche qui un piccolo ricordo. Doveva essere l’anno 2009 o 2010; in prossimità del Natale feci a Giampiero una telefonata per sapere come andavano le cose. Mi disse che in quel periodo per sopravvivere stava portando cesti e regali natalizi da un grosso magazzino a dei privati. Me lo comunicò con la massima serenità senza inquietudine. Povero tra i poveri.
Reagii andando il giorno successivo in Vicariato dall’allora Direttore dell’Ufficio Catechistico che conoscevo bene, comunicandogli il mio disappunto. Come, anche la Chiesa, così bisognosa di formatori, poteva trascurare una persona così speciale, un laico vero, cresciuto conforme ai valori del Vaticano II? So che ebbe in seguito una supplenza in un liceo a Roma come docente di Religione. E nulla più.
Mi sono sempre chiesto dove trovasse Giampiero la forza per vivere a così alti livelli con slancio e fede nonostante le difficoltà, le incomprensioni compresa la grave malattia che lo ha segnato negli ultimi anni. Ho trovato uno spunto di riflessione in una frase scritta in latino su un portone del chiostro dell’Abbazia di Casamari che esprime bene la spiritualità benedettina (ora et labora) e anche di Giampiero.
3. AMA NESCIRI ET PRO NIHILO REPUTARI
(Ama essere ignorato e considerato per niente)
Giampiero ha avuto nella sua spiritualità tratti del “monaco” laico; la sua capacità di distacco dal mondano gli ha permesso di immergersi totalmente nella storia e nelle realtà temporali con lo sguardo rivolto verso il cielo. Ha cercato di realizzare nella sua vita il “monos”, l’Uno, la profonda unità e armonia che esiste tra Dio, gli uomini e il creato tutto. Pur con tutti i limiti che si possono iscrivere alle esperienze umane, Giampiero è stato un esempio di laicità matura, conforme alla visione che il Concilio Vaticano II ha elaborato, lontano da ogni forma di clericalismo. Il titolo che ha dato ad un suo libro che raccoglie i suoi scritti sullo Sviluppo nei paesi impoveriti, “Non colpevoli, ma responsabili“, riassume bene il suo approccio alla esistenza che è stato il saper rispondere in ogni momento alle sfide che la vita ti pone per un mondo più giusto e umano. E Giampiero lo ha fatto da innamorato (sponsa) della realtà e della causa dei poveri. Compresa l’ultima sfida, quella della morte, che ha accolto con lucidità e fede, abbandonandosi nelle mani del Padre. Non potrò dimenticare una delle sue ultime telefonate: mi disse che l’ indomani doveva essere operato urgentemente, ma con poche possibilità di sopravvivere e che per questo aveva predisposto rapidamente il testamento, affidando a me l’organizzazione della messa funebre. Quanta commozione in quel momento, quanto dolore! Grazie Giampiero per tutto quello sei stato. Continua con il tuo Spirito ad aleggiare su di noi. Tienici ‘svegli’ lontani dalla tiepidezza e dal lassismo. Ti abbraccio
Roma 6 giugno 2024