Todi: incontrarsi è positivo, ma forse serviva un esame di coscienza

L’incontro delle associazioni cattoliche a Todi: l’itinerario è appena cominciato, merita di essere ripreso al più presto e con maggior chiarezza: di soggetti, di metodo, di diagnosi e di obbiettivi.

di Angelo Bertani

Il seminario-convegno delle associazioni di ispirazione cristiana impegnate nel sociale passerà alla storia – o almeno alla cronaca – soprattutto con il nome della cittadina che lo ha ospitato, Todi. È questa l’unica cosa certa. Meno chiari, infatti sono i nomi di chi lo ha effettivamente convocato, chi vi ha partecipato e sulla base di quali criteri e intenzioni; che cosa è stato detto e se si è deciso qualcosa. E tuttavia, considerando che si tratta di un primo tentativo di percorrere una strada nuova (e con un metodo nuovo), è ragionevole un giudizio positivo, anche se articolato.

È importante che l’incontro ci sia stato. Lo conferma Enzo Bianchi quando ricorda che la diaspora dei cattolici – da tempo in atto, e che all’inizio poteva apparire come una opportunità – si è via via trasformata in una “irrilevanza” e addirittura in una “afonia” dei credenti nella società italiana. Di fronte alla situazione di crisi e di scoraggiamento in cui il Paese è caduto … è naturale apprezzare “il risveglio dei cattolici in un Paese malato” come un segno di speranza. (Repubblica, 22 ottobre).

I presenti hanno riconosciuto la gravità della situazione italiana, il degrado della vita politica e dell’etica pubblica, i gravi limiti dell’azione di governo, il disagio (per non dire l’indignazione) di moltissimi cittadini, soprattutto di quelli che hanno a cuore il bene comune, la solidarietà, la coesione sociale, la dignità delle persone. In qualche dichiarazione informale c’è stato anche l’auspicio che il presidente del Consiglio rassegni le dimissioni.

Resta un problema di fondo: quale tipo di contributo i cattolici possono e debbono offrire oggi all’Italia, nella stagione in cui celebra il 150° anniversario dell’Unità nazionale? E, prima ancora, quale bilancio traggono essi della loro presenza e delle azioni compiute negli ultimi decenni?

Le due domande sono collegate e, per quel che ho visto e intuito dall’esterno, non hanno ricevuto risposte soddisfacenti. La cosa non mi meraviglia: sono domande non facili e meritano, credo, risposte articolate ed anche il beneficio di qualche dubbio e di qualche esplorazione sperimentale…

Dunque penso che “Todi” sia stato un fatto positivo; ma mi sembra necessario aggiungere che l’itinerario è appena cominciato e merita di essere ripreso al più presto e con maggior chiarezza: di soggetti, di metodo, di diagnosi e di obbiettivi.

Non mi sembra di importanza secondaria la natura dei soggetti che sono e saranno invitati a partecipare e la natura del soggetto complessivo che essi verranno a costituire. Se essi sono di natura essenzialmente ed immediatamente ecclesiale, ad essi si chiede di partecipare anche alla vita civile contribuendo alla formazione delle coscienze, alla difesa dell’ethos personale e collettivo. Naturalmente saranno coinvolti in prima persona le persone, gli organismi e le agenzie che hanno la finalità essenzialmente religiosa in diretta collaborazione con i Pastori della Chiesa. Se invece l’obbiettivo è quello di aiutare le crescita sociale e politica della comunità, aiutandola a superare le difficoltà e gli equivoci dell’ora presente, ecco che sarà naturale e necessario rivolgersi ai soggetti già impegnati nel campo dell’economia, del lavoro, dell’educazione e della partecipazione civile. Ma in questo caso l’incoraggiamento e l’”assistenza” dei pastori avrà un carattere assai diverso: di incoraggiamento e di confronto, ma nel pieno rispetto della autonoma responsabilità del laicato (almeno finchè esso non infranga evidentemente (come pure può accadere!) i limiti del comportamento eticamente positivo o almeno accettabile.

In concreto non è chiara la natura comune dei soggetti partecipanti all’incontro di Todi; e l’impressione generale (avvalorata da numerose dichiarazioni post factum di carattere strettamente politico) è che sia mancata una chiarezza adamantina. Ad esempio si è voluto sottolineare il carattere ecclesiale dell’incontro anche per giustificare l’evidente presenza ecclesiastica. Ma, singolarmente, erano assenti – o poco rappresentate – alcune realtà ecclesiali più vive ed altre iniziative di credenti impegnati nel sociale, soprattutto quelle realtà più impegnate nella elaborazione culturale. A qualcuno è sembrato che a Todi si siano di fatto raccolti i rappresentanti di realtà caratterizzate da attivismo e grandi numeri, piuttosto che quelle impegnate nella “mediazione culturale” e nella formazione delle coscienze. Non sarà comunque difficile porre riparo a questo limite, anche perché probabilmente esso non è intenzionale: è stato più facile infatti rivolgere l’attenzione e l’invito alle realtà più evidenti e rumorose, oltre che numerose; quelle che intervengono più frequentemente con pubbliche dichiarazioni, quelle che hanno “rappresentanti” nei centri del potere o delle grandi agenzie massmediatiche.

Nonostante quelli che a me ora paiono limiti (ma si tratta di opinioni ancora in formazione perché non si sa tutto quello che è accaduto a Todi né quello che ne nascerà), credo che si tratti comunque di una presa di coscienza necessaria (“così non si può andare avanti, serve urgentemente una nuova generazione di credenti che si impegnino in politica per servire il bene comune, non il proprio tornaconto”) e dell’inizio di un cammino che potrà essere molto positivo per il Paese.

Confesso però che, trattandosi di un incontro che aveva certo un carattere ecclesiale, mi sarei aspettato – almeno nella sostanza se non nella forma – un momento serio di “esame di coscienza”. Quando vogliono fare “punto e a capo” i cristiani, prima di fare il proponimento di comportarsi meglio si soffermano a fare l’esame di coscienza. Per quel che se ne è percepito all’esterno, a Todi non ci sono stati molte “revisioni di vita” e nessun mea culpa. Non si dica che non c’era materia, né ragione né occasione di farle!

Inoltre appare evidente che anche un ragionevole programma di presenza dei cattolici nella politica e nella società non può che nascere da un serio, approfondito esame di coscienza.

In realtà sono molti anni che da più parti sorgono voci dolenti e preoccupate, che scongiurano la comunità ecclesiale a riflettere sui rischi della eccessiva spregiudicatezza e contiguità con gli ambienti, la mentalità e il costume della politica “politicante” (ma si dovrebbe dire: “degli intrallazzi, degli egoismi e delle bugie”, e peggio…).

A quanti oggi, dopo Todi, sono sorpresi e pensano di essere diventati fin troppo coraggiosi ricorderò quello che Giuseppe Dossetti scriveva già nel 1994 “Forse già in questi giorni si cerca di preparare nuovi presidi, nuove illusione storiche, nuove aggregazioni che cerchino di ricompattare i cristiani. Ma i cristiani si ricompattano solo sulla parola di Dio e sull’Evangelo! E sempre più dovremo contare esclusivamente sulla parola del Signore, sull’Evangelo riflettuto, meditato, assimilato. Non guardando fuori, non appoggiandoci ad altri che possano in qualche modo consentire col nostro pensiero, ma guardando noi stessi ed ascoltando interiormente la testimonianza dello Spirito che ci attesta che Gesù è vero, che vive ed è eterno. Sì, c’è la Chiesa, ma anche essa se non si fa più spirituale, anziché cercare dei sostegni, dei puntelli delle aggregazioni sociali di ogni tipo, delle cose che avrebbero dovuto ormai persuadere che non tengono…che non sono adeguate alla verità del tutto divina che noi professiamo, la Chiesa stessa se non si fa più spirituale non riuscirà ad adempiere alla sua missione di collegare veramente i figli del Vangelo!”.

Lo stesso anno, commemorando Giuseppe Lazzati, Dossetti spiegava: «…Nel caso nostro dobbiamo convincerci che tutti noi, cattolici italiani, abbiamo gravemente mancato, specialmente negli ultimi due decenni, e che ci sono grandi colpe (non solo errori o mere insufficienze), grandi e veri e propri peccati collettivi che non abbiamo sino ad oggi cominciato ad ammettere e a deplorare nella maniera dovuta i battezzati consapevoli devono percorrere un cammino inverso a quello degli ultimi vent’anni, cioè mirare non ad una presenza dei cristiani nelle realtà temporali e alla loro consistenza numerica e al loro peso politico, ma ad una ricostruzione delle coscienze e del loro peso interiore, che potrà poi, per intima coerenza e adeguato sviluppo creativo, esprimersi con un peso culturale e finalmente sociale e politico. Ma la partenza assolutamente indispensabile oggi mi sembra quella di dichiarare e perseguire lealmente – in tanto baccanale dell’esteriore – l’assoluto primato dell’interiorità, dell’uomo interiore”.

E Segno Sette, il settimanale dell’Azione Cattolica, già nel novembre 1988 scriveva che “i cattolici italiani si potrebbero pentire nel futuro di non aver fatto abbastanza per resistere all’ ascesa di Berlusconi … Un’unica impresa privata con capitali di non chiarissima origine, scriveva il settimanale, gestisce metà dell’ informazione e dell’ intrattenimento, mentre viene continuamente differita la regolamentazione del settore. Il mondo cattolico si pentirà di aver tollerato (in cambio di qualche strizzatina d’ occhi di Craxi o Berlusconi) l’irruzione di strumenti prepotenti e diseducativi nel cuore della cultura e del costume del nostro paese”.

Angelo Bertani

 

 

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