Onore a Renzi, e un grazie al suo sconosciuto intuito politico! L’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica conferma tuttavia, se ce ne fosse ancora bisogno, il paradosso politico dei nostri giorni. Un paradosso che, a rigore, non andrebbe in favore del primo Renzi. Più vogliamo, infatti “rottamare” le figure che hanno interpretato e costruito il passato, più essi si ripresentano alla coscienza per progettare futuro. Mentre Napolitano incarnava da posizioni miglioriste gli epigoni di una cultura politica travagliata ma di tutto rispetto, quella comunista, Mattarella rappresenta ora, da posizione riformiste quella della sinistra interna cattolico-democratica della Dc. Anch’essa dal punto di vista politico consegnata alla storia. Un paradosso che si amplifica, quando si pensa che sono culture e valori portanti della nostra attuale Costituzione. E’ stato Fernand Braudel a ricordarci che del passato rimangono le “onde lunghe” e le cose migliori. Si tratta – aggiungeva – di farne tesoro o di “tradurle” nei tempi che si vivono. E’ una rivincita della Prima Repubblica? Se per Prima Repubblica s’intendono le “onde lunghe”di Braudel, da scremare, rivisitare e adattare ai tempi, allora sì!
Ma dietro Mattarella si nasconde forse dell’altro. Perché sollecita tentazioni nostalgiche. Aspettiamocele. E il suo nome sarà tirato a destra e a manca per legittimare fantasmi del passato. Forse farà riemergere anche qualche tentativo neoguelfo sotto forma di nuova Dc 2.0, litigi sul simbolo, riunioni di ultraottantenni, ecc., rispolverando “unità politiche” ormai fuori dalla storia. Anche perché con la Cei dei nostri giorni impegnata sull’educazione e sulle nuove famiglie del XXI secolo, e con papa Francesco che ha altro in testa, non credo esistano desideri ecclesiali in tal senso. Non c’è dubbio alcuno tuttavia che più che la Democrazia cristiana è il pensiero cattolico democratico in cui si è formato Mattarella, che ne esce con la sua nomina rafforzato e ri-legittimato. Basta intenderlo come weltashhauung cattolico- riformista. E basta non confonderlo col più vasto cattolicesimo politico di cui è parte ma da cui si differenzia. E’ dunque la forza culturale della sua nobile “corrente” interna che riemerge dalle catacombe. E propone, con Mattarella, attese e aspettative soprattutto culturali. Perché quella di Mattarella è stata una corrente che amava la cultura: ricordo che i suoi diversi rappresentanti leggevano molto e camminavano sempre con un libro sottobraccio! Dopo aver attraversato indenne tutto il Novecento italiano ed europeo, questo nobile pensiero critico, si è auto emarginato.
Proprio quando una fetta di personale politico ed elettorato Dc, sono andati ad arenarsi sulle sabbie mobili e viscide dei nuovi partiti cosiddetti “moderati” e liberali nati dopo Tangentopoli, che avrebbero dovuto proporre la morale cattolica, tutelare la famiglia, il matrimonio ecc. Ma che, invece, hanno dimostrato il loro squallido fallimento, etico soprattutto, con il sostegno della presbite Cei, e con l’appoggio dell’ateo-devotismo all’amatriciana che le faceva da pendant riflessivo. E’ stato in quei giorni che questa minoranza culturale non ha avuto uno scatto di orgoglio. Sono nate, è vero, associazioni, fondazioni, movimenti, che però dispersi nel Paese hanno dimostrato la loro irrilevanza. Così che questa tradizione di pensiero si è lasciata nelle mani di pochi volenterosi e lodevoli intellettuali. Siamo ora arrivati a Mattarella. Uno dei rappresentanti più illustri della sinistra Dc cattolico-democratica. E molti imbecilli non sapendo di cosa parlano, lo hanno definito un “cattocomunista”!
Un cattocomunismo che viene associato allo statalismo, al pensiero illiberale, alla pianificazione economica centralizzata, se non allo stalinismo. E’ stato Carlo Maria Cipolla a sottolineare che “ Sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione”! Perdoniamoli… Ci rimane però una lezione d’incredibile attualità: più che alla prassi della mera gestione del potere, questa generazione di laici cristiani è prima passata attraverso processi formativi di prima grandezza, grazie ad un associazionismo di qualità che serviva, molto ma molto più delle primarie e molto meglio dei 140 caratteri di Twitter e dei Social net-work, a formare e poi selezionare personale da lanciare successivamente nell’impegno politico. La Fuci in testa, l’Ac, ma anche le Acli, gli Scout, il Meic, la Cisl, senza citare le scuole diocesane di formazione all’impegno politico, decine di associazioni locali, sono state un vivaio per formare e individuare persone con la schiena dritta. Un personale che sapeva essere autonomo anche se in comunione con la Chiesa. Purtroppo una galassia anche questa oggi al capolinea. Che si trascina ripiegata oltre ogni misura sulla Chiesa, e che ancora deve riprendersi dal miope protagonismo centralizzato della penultima Cei che è riuscita a emarginarla. E che ha abbandonato il prezioso prepolitico face-to-face delle comunità formative e degli incontri. Della critica rispettosa di cui papa Francesco si è fatto carico. Ne paga ora le conseguenze con la sua totale assenza dal dibattito culturale, con i suoi silenzi e la sua irrilevanza nella Polis. Una galassia finita ai margini del dibattito pubblico dunque. Ma che conserva una potenziale carica di pensiero e un deposito di cultura in grado di farle affrontare i cambiamenti e le sfide proposti dalla globalizzazione ormai in fase avanzata. Un grazie a quanti, associazioni, istituti, coordinamenti come C3dem, nella temperie e nel silenzio tombale del ventennio passato e nel passaggio delle “varie repubbliche”, hanno coraggiosamente alimentato questo pensiero nelle catacombe delle loro piccole associazioni sparse nel territorio. E un grazie a Mattarella, sobrio, schivo, silenzioso, europeista convinto e coerente e tosto nella difesa di alcuni valori, che ci ha consegnato con il suo primo pensiero da Presidente il senso profondo e la sostanza di questa nobile tradizione: “… Un pensiero che va soprattutto e innanzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini”. Facciamone un programma di impegno culturale!
Nino Labate
6 Febbraio 2015 at 19:14
Ho letto con interesse e apprezzamento le parole di Nino Labate. Mi permetto di intervenire però per suggerire una speranza che ho potuto verificare nel mio servizio nazionale nella FUCI. Questo mondo formativo non è al capolinea. E’ certamente ridotto, in difficoltà da decenni, a volte privo della memoria e pertanto non in grado di esprimere un pensiero nuovo per l’oggi, ma non è al capolinea. I segnali, forse ancora timidi, ci sono e ci saranno sempre più (per citarne uno, sarebbe importante leggere il messaggio di Papa Francesco alla FUCI dell’ottobre scorso). Ci vuole ora – in questa stagione di cambiamenti che si è aperta con l’elezione di Papa Francesco – una fiducia vera nei giovani per aiutarli a formarsi nel solco di una storia importante come quella di Mattarella.
24 Febbraio 2015 at 10:39
Concordo largamente con la ricostruzione storica di Nino. Credo peraltro sia sterile il mero rimpianto di tempi e climi cultural-religiosi che sono espressioni di determinati contesti socio-economico-culturali.
Oggi la situazione è molto diversa: i giovani( e non solo) preferiscono la superficiale rapidità delle comunicazioni tramite i network e sono poco incline allo studio approfondito, alle analisi, all’assunzione di opinioni fondate su solide basi scientifiche e conoscitive .
L’affermarsi di una mentalità capitalistica onnipresente e pervasiva ha fatto il resto.
Eppure abbiamo a disposizione un complesso di strumenti che potrebbero aiutarci ad affrontare e risolvere molti problemi finalizzati ad una migliore convivenza umana.
Forse il vero problema è questo: come riuscire a realizzare una funzione sociale della modernità evitando di essere vittime di chi invece, questa modernità, la vuole strumentalizzare a vantaggio dei soggetti dominanti