Un malessere che viene da lontano

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Viviamo una fase di grandi turbolenze sociali in Italia e nel mondo. Gli anni duemila non ci danno tregua. Dopo l’Ottantanove e l’abbattimento del Muro di Berlino si conclude la storia del Novecento. La storia è cambiata davanti ai nostri occhi e non sempre l’abbiamo vissuta con consapevolezza, soprattutto non sono emerse classi dirigenti all’altezza dei mutamenti, è mancata la rielaborazione di un pensiero, sono mancati convincimenti profondi sui quali innestare conseguenti azioni politiche. Le riflessioni di Giovanni Paolo nell’enciclica Centesimus Annus non hanno avuto adeguati sviluppi negli ambienti politici sia cattolici che nella sinistra: è inaccettabile, scriveva il Papa, che la sconfitta del cosiddetto socialismo reale lasci il capitalismo come unico modello di organizzazione economica, la crisi del marxismo non elimina nel mondo le situazioni di ingiustizia e di oppressione, da cui il marxismo stesso, strumentalizzandole, traeva alimento.

E tutto ciò è avvenuto all’interno dell’espansione della società della comunicazione e dello spettacolo. La spettacolarizzazione della vita è ormai un dato di fatto, i protagonisti dello spettacolo svolgono un ruolo politico. La perdita di ruolo dei gruppi intermedi, e la frantumazione delle associazioni di rappresentanza degli interessi, ha dato un peso ancora più forte alla formazione di leaders provenienti, in diversa misura, da questa società dello spettacolo o che ne sono abili interpreti. Ma essi si affermano perché esprimono esigenze reali della popolazione, rispondono al mutamento antropologico in atto.

Il concetto più adeguato per esprimere la contemporaneità è quello della “frantumazione” che ha diverse manifestazioni. Sul piano sociale è facilmente visibile con la fine del soggetto storico centrale “classe operaia”, con la diffusione del lavoro precario, con i flussi emigratori. Sul piano culturale con l’accentuazione dell’omologazione degli stili di vita e di consumo, come aveva ben anticipato Pasolini: chi non li raggiunge protesta per averli (vedi le rivolte giovanili in Francia e Gran Bretagna ad opera di giovani d’origine immigrata). Nella frantumazione  vengono  ridimensionate le letture dicotomiche in termine di “inclusione” o “esclusione” perché esiste una zona grigia sempre più consistente che può passare dall’uno all’altro fronte a seconda di improvvisi eventi esterni. Tra i molti esempi, ne cito alcuni: improvvisa malattia invalidante, il proprietario di una casa che basa il suo standard di vita sull’affitto percepito e che il suo inquilino non è più in grado di pagare. O il piccolo imprenditore che non riesce ad avere finanziamenti dalle banche per pagare gli stipendi dei dipendenti (vedi i molti suicidi), il lavoratore di mezza età che perde il posto di lavoro fino al giorno prima ritenuto sicuro (esodato), il giovane che riusciva a sopravvivere grazie al supporto della famiglia ed ora non più, il risparmiatore che teme di perdere i suoi risparmi a causa della crisi della sua banca. E gli esempi potrebbero continuare.

Non solo, domina un senso di insicurezza anche in coloro che oggettivamente stanno bene e non hanno problemi economici. I media esasperano i fatti negativi derivanti dalla crisi e quindi tutti si sentono in crisi, ovunque non si fa altro che parlare di crisi. Le offerte nei supermercati vengono prese d’assalto anche da parte di categorie di persone che prima si sarebbero vergognati ad acquistare simili prodotti. Nei processi di frantumazione vengono offuscate anche le differenze tra i diversi schieramenti politici, che pure sussistono. In questo contesto sociale i comportamenti elettorali vengono stravolti: il voto d’appartenenza, che distingue tra destra e sinistra, viene ridimensionato o fa molto meno riferimento allo strato sociale d’appartenenza. 

Per governare la società complessa e frantumata non esiste un partito di sinistra che si allea con il centro, ogni partito per vincere si deve rivolgere alla stragrande maggioranza degli elettori. L’elemento distintivo consiste invece nella chiara indicazione di valori forti (giustizia sociale, solidarietà, bene comune) e di comportamenti coerenti con i principi enunciati.  Ed è proprio su quest’ultimo punto la vera sconfitta della sinistra, che è quindi una sconfitta culturale, direi cognitiva (incapacità di capire la realtà); essa è stata messa nel calderone di “sono tutti uguali”, soprattutto in riferimento alla pressante richiesta di riduzione dei costi della politica (di riduzione dei parlamentari e dei loro emolumenti e privilegi vari, la commistione affari-politica, imprese-politica); fra non molto esploderà anche la questione degli alti stipendi dei consiglieri regionali (anche qui il PD tace). La critica al sistema dei partiti l’aveva ben enunciata Pietro Scoppola che nel suo libro del 1991 intitolato “La repubblica dei partiti” proponeva il passaggio alla “Repubblica dei cittadini”.  Anche sull’Europa non basta dichiararsi europeisti se non si dice quale Europa vogliamo, se non si combatte contro la fallimentare visione liberista, se non si riesce a coniugare la rigorosità del bilancio con  gli interventi radicali per lo sviluppo sostenibile. I casi di dilagante corruzione rendono ancora più intollerabili i privilegi e gli alti stipendi dei manager e anche dei dirigenti pubblici (nella Svizzera dei banchieri ha vinto il referendum che stabilisce un tetto agli stipendi dei manager). Se la politica è un servizio alla comunità non deve dare nessun privilegio se non quello della riconoscibilità del ruolo svolto.

La responsabilità dimostrata dal Pd col sostegno al governo Monti non è stata contraccambiata, non si sono combattuti con chiarezza provvedimenti sulle pensioni e sulla casa che hanno colpito i ceti popolari e medi della popolazione. La giusta esigenza di tenere i conti in ordine non si può tradurre in scelte punitive per i cittadini. Inoltre, è stata ancora una volta sconfitta l’ipotesi di alcuni esponenti della gerarchia ecclesiastica di far nascere una forza politica di centro; una gerarchia che non si rende conto del pluralismo esistente tra gli elettori cattolici che hanno invece bisogno di essere formati sul pensiero sociale cristiano; una gerarchia che dovrebbe finalmente spogliarsi da un abbigliamento e da paramenti simboli del vecchio potere temporale che contraddice l’essenzialità del Vangelo; nessuno deve mai dimenticare che Cristo è nato in una grotta e che Pietro era un pescatore ebreo.

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