Il convegno “I cattolici democratici nella storia e nel futuro della Repubblica” organizzato a Parma il 20 maggio scorso dalla rete c3dem e dal Circolo “Il Borgo” tra le iniziative del suo 40°, ci ha permesso di rimettere a fuoco – grazie agli interventi di Lino Prenna, Guido Formigoni, Pierluigi Castagnetti, Rosy Bindi, al dibattito in plenaria e al successivo confronto interno del pomeriggio – alcune fondamentali connessioni tra il patrimonio di valori e di scelte che abbiamo ereditato e le sfide che ci stanno davanti (si veda a questo proposito l’articolo di Giampiero Forcesi).
Molti dei portati di quel pensiero e di quella esperienza, che hanno contribuito in modo determinante alla costruzione della nostra democrazia – con l’elaborazione di una Costituzione che mette al centro la persona umana e con l’impegno nelle istituzioni e nella società per lo sviluppo del nostro Paese – sono ancora una linfa che può aiutare ad affrontare le novità del nostro tempo. Uso il termine “linfa” perché è qualcosa di fluido ma non certo di inconsistente, qualcosa di vivo e capace di dare vita nel suo percorrere ciò che attraversa, senza eccessi di rigidità e senza escludere a priori gli ambiti da innervare. Una linfa ricca di sostanze nutritive e che per essere efficace accetta un continuo sforzo di comprensione e di mediazione con l’inedito. Del resto, non è proprio quella mediazione alta tra valori e realtà uno dei grandi punti fermi della cultura cattolico-democratica? Un “metodo” (in senso nobile, non puramente tecnico) che si sposa con quanto ci dice Papa Francesco quando afferma che “la realtà è superiore all’idea”: è chiaro che senza le idee non si incide sulla realtà, ma queste, per essere “utili”, vanno spese, confrontate, arricchite nella vita reale, attraverso l’impegno di persone in carne e ossa, nella continua relazione, com-passione, condivisione. Quante le sfide che nel corso del convegno sono state indicate (e quante ancora se ne potrebbero citare)! Il futuro della democrazia e della partecipazione (tra “reti”, populismi, rappresentanza…), il presente e il domani del lavoro, le relazioni tra i popoli, le grandi – e spesso drammatiche – situazioni internazionali, l’Europa, la legalità, le disuguaglianze (e i filoni di pensiero adatti o meno ad affrontarle), le grandi questioni sociali ed ambientali rilanciate da Papa Francesco, i modelli di economia, il rapporto con le giovani generazioni… Difficile trovare risposte a tutto, si è detto, e come non essere d’accordo? E poi, con quali forze…? Ebbene, partendo da questa consapevolezza e liberandoci dall’ansia di dover “cambiare il mondo” da soli (il limite, tanto caro a Moro… ma che non gli ha però impedito di perseguire traguardi avanzatissimi…), vediamo che ci sono persone, gruppi, esperienze che continuano a produrre pensiero, proposte e azioni; e magari qualcosa del pensiero e della testimonianza attiva di una minoranza riesce a penetrare dove non ci si aspetta, trova alleati per strada, si consolida, si amplia… e in qualche modo finisce per incidere sulla realtà. Certo, occorre un minimo di “peso specifico”, qualche strumento adatto, le occasioni e – prima di ogni altra cosa – la volontà e il coraggio di provare, anche valorizzando rapporti, elaborazioni ed esperienze nel territorio che hanno certamente un enorme valore in sé stesse ma che, messe assieme, possono offrire potenzialità ancora maggiori.
Non mancano – è evidente – anche nel nostro “mondo” sensibilità e punti di vista diversi, come emerso in quest’ultimo periodo e anche nel convegno di Parma: molti di noi, seppure accomunati da percorsi formativi e riferimenti ideali simili, hanno avuto e hanno atteggiamenti diversi di fronte a quanto sta accadendo in Italia negli ultimi anni: dal referendum sulla riforma costituzionale, al giudizio sulla figura di Renzi, sulla sua esperienza di governo e sul cammino del Partito Democratico, solo per citare i temi più “sensibili”. Tanto che – viene da dire con una provocazione – lo “schema”, molto interessante ed intelligente – proposto da Guido Formigoni sulle diverse “collocazioni” dei cattolici nel corso della storia talvolta sembra attraversare le stesse coscienze individuali, rendendo difficile “posizionarsi” in modo così definitivo.
Credo che le differenze di valutazione meritino di essere ancora esplorate e discusse, nella disponibilità, però, a un dialogo vero, senza preconcetti e sfuggendo alla tentazione delle definizioni caricaturali. Entrando, cioè, nel merito delle questioni e con un’attenzione al contesto concreto in cui siamo chiamati ad operare. Se queste differenze diventassero solchi profondi o motivo di acuta incomprensione, è chiaro che quella funzione di “linfa” che ho richiamato più sopra, si indebolirebbe. Se invece avremo la capacità di valorizzare ciò che unisce – che è tantissimo – e di tenere aperta, su ciò che ci differenzia, una dialettica interna franca ma non distruttiva – come è finora avvenuto – faremo anche in questo modo un servizio a tanti nostri amici ed amiche che desiderano una “casa comune” in cui confrontarsi apertamente, più che un “blocco” in cui irreggimentarsi. Mi sembra che lo stile con cui abbiamo promosso il convegno di Parma confermi che questa strada è praticabile: ma il futuro dipende dalla disponibilità di ciascuno a giocare questo gioco.
Sandro Campanini