Un’esperienza di formazione sociale e politica. I gesuiti a Reggio Emilia

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“Un’esperienza di formazione sociale e politica. I gesuiti a Reggio Emilia”. Con questo titolo è uscito un bel libro, molto interessante e istruttivo, su una scuola politica realizzata a Reggio Emilia (Baragalla) dai gesuiti di Milano dal 1959 al 1966 (nella foto). Per la loro attualità, vale la pena di soffermarsi sugli insegnamenti che ne emergono. Uno tra questi: la politica deve rinascere dal “basso”; si tratta di un cambiamento che non si guida, si accompagna. Ed è proprio dalla formazione che si deve ripartire oggi per dar vita a una buona politica (red.)

 

 

Un’esperienza di formazione sociale e politica. I gesuiti a Reggio Emilia. Con questo titolo è uscito un bel libro, molto interessante e istruttivo, su una scuola politica realizzata a Reggio Emilia (Baragalla) dai gesuiti di Milano, con la collaborazione di un nutrito gruppo di qualificati docenti dell’Università Cattolica (Gianni Bizzocchi Editore, Reggio Emilia, 2020). Il libro è stato curato da Luigi Bottazzi, allievo del 1^ anno della Scuola e che poi è stato un protagonista del movimento cattolico politico e sociale del reggiano.

La Scuola costituisce un’idea coraggiosa e impegnativa che aveva come scopo la formazione di quadri e dirigenti per poter sostenere una politica tanto radicata nei principi quanto attenta all’evoluzione della società.

L’esperienza non durò a lungo, dal 1959 al 1966, perché nel frattempo lo scenario italiano si trasformò radicalmente: da una parte il famoso “miracolo economico” portò a un nuovo protagonismo delle masse mutando la realtà sociale del paese, dall’altra l’avvenimento del Concilio Vaticano II determinò una crisi e una rimessa in discussione dell’associazionismo cattolico tradizionale.

Il libro raccoglie una ricca documentazione: le prolusioni dei primi anni accademici (di cui una del prof. Lazzati), i convegni degli ex-allievi con delle importanti relazioni dei padri gesuiti, le testimonianze significative di Giorgio Campanini, di Luciano Corradini, di Enzo Pontarollo, oltre a notizie sui corsi realizzati.

i che fanno parte del Convegno svolto nel 2018 per celebrare la memoria della scuola.

Luigi Bottazzi ne racconta la storia, approfondendo le radici culturali che ritrova addirittura nell’Azione Popolare francese, che a differenza dell’Azione Cattolica italiana, presente particolarmente nelle parrocchie, preferiva dedicarsi allo studio e all’impegno su specifici temi della società.

La sua relazione si sofferma poi sulla nascita, già nella primavera del 1945, del Centro Studi Sociali dei gesuiti milanesi, vera fucina di pensiero, che tuttora, dopo oltre 70 anni, continua a costituire un luogo propagatore di una cultura sociale di prim’ordine.

E all’origine del Centro troviamo diversi padri gesuiti, tutti noti e prestigiosi: padre Toldo, padre Perico, padre Reina, padre Rosa e padre Castelli, che sono stati in grado di avviare nel modo migliore quella esperienza, rendendola duratura.

Si trattava allora, finita la guerra, di recuperare il molto tempo perduto nel ventennio precedente avviando uno studio serio dei problemi sociali; non mancavano infatti nel mondo cattolico tante attività di formazione sociale portate avanti dalle singole associazioni, ma con un carattere molto approssimativo, per la mancanza di una tradizione e preparazione adeguata, e che spesso si limitavano a riproporre i principi della dottrina sociale della chiesa.

La realizzazione del Centro Studi Sociali, già dal suo nome, indica la svolta che si intendeva imprimere agli interessi sociali; e questa spinta  a una formazione più matura sarà alla base anche dell’impresa di Baragalla, la cui  impostazione molto deve a padre Luigi Rosa e al sociologo della Cattolica, Giorgio Braga.

Una seconda relazione importante viene svolta al Convegno da padre Sorge che sviluppa un interessante confronto tra la Scuola di Reggio e la Scuola di Palermo, avviata diversi anni dopo dall’Istituto Arrupe.

Se la prima scuola aveva sostanzialmente come orizzonte la Democrazia Cristiana, che rappresentava allora l’unità politica dei cattolici, e aveva concluso la sua esperienza col venir meno di quella prospettiva, la seconda scuola nasce ormai in una condizione di pluralismo delle scelte politiche dei cattolici.

Così a fondamento della scuola di Palermo si pone quella che Sorge chiama la “laicità positiva” insieme a una base comune di valori (avere come fine il bene comune e considerare la politica come un servizio).

Padre Sorge, col suo inesauribile ottimismo, esprime la convinzione che sarà la buona politica a consentire di superare la crisi presente.

Forse, se mi è consentito esprimere un’opinione, spiacente di non poterla presentare di persona al caro padre Sorge, la buona politica occorre farla sempre, visto che ormai le crisi sono permanenti e di ogni genere.

Una terza e non meno importante relazione è quella di Gino Mazzoli, di formazione psico-sociologo, con notevole esperienza sia in campo formativo che nella ricerca e nella progettazione in campo sociale.

L’esame di Mazzoli è molto severo verso le istituzioni tradizionali, troppo lente rispetto alla velocità dei cambiamenti attuali e troppo legate a metodi superati dalle tecnologie informatiche e comunicative.

Le tecnologie attuali per esprimere velocità fanno massimo uso della razionalità strumentale, che porta con sé un riduzionismo antropologico.

In queste condizioni, a livello formativo, non basta ribadire dei principi, ma occorre consentire alle persone di avvicinarsi agli aspetti pratici delle questioni: lo strumento principale di apprendimento in politica è il fare.

Per cambiare la politica occorre pertanto una massa critica di iniziative che nel tempo produce comportamenti consoni.

Per questo la politica deve rinascere dal “basso”, non perché “fa più democratico”, ma perché lo richiede il metodo; e si tratta di un cambiamento che non si guida, si accompagna.

Insomma, un bel libro e un bel convegno che raccontano una pagina significativa di storia, ma soprattutto che fa riflettere su come affrontare gli stessi problemi nell’ora attuale.

Non è partendo dalla formazione (lo ricordava poco tempo fa Giorgio Campanini sulle pagine di “Appunti”) che si può e si deve ripartire oggi se si vuole dar vita a una buona politica?

 

Sandro Antoniazzi

 

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