Su Repubblica Mario Calabresi, direttore, diceva l’altroieri che il fossato tra Pd e M5s è troppo grande (“Il governo di nessuno”). Oggi Piero Ignazi lo riprende Calabrese poi lo contraddice dicendo che i due partiti insistono nella stessa area politica (“A chi spetta il primo passo”). Anche Stefano Folli sembra ritenere che nel rapporto M5S-Pd Mattarella veda l’unica strada (“I Cinquestelle nei labirinti del palazzo”), dopo aver scritto ieri: “Democrat e M5S: più convenienza che convergenza”. Giovanna Casadio annota una debole traccia di Prodi (e una di Veltroni) a un incontro a Roma: “Prodi pungola il Pd: ‘l’immobilismo può portare a disastri’”. E anche di Sabino Cassese si coglie un fragile spunto: “I grillini già passati dalla piazza alle istituzioni. Ora si segua l’esempio tedesco”. Che Mattarella punti al dialogo M5S-Pd lo dice e lo teme Claudio Cerasa: “Il Quirinale sogna la svolta di Renzi” (Foglio; e ieri aveva scritto: “La pazzia di un Pd al governo”). Franco Monaco, su Il Fatto, dice al Pd: “Vedere le carte è nell’interesse democratico”. Ma dice Biagio de Giovanni, in un’intervista a Il Dubbio: “Caro Pd, se ti allei con i Cinquestelle ti scavi la fossa”. Secondo Carlo Bertini già ieri “Pd pronto a entrare in gioco per un governo con Fico” e oggi Ugo Magri: “Ipotesi governo M5S-Pd: ora la palla passa a Renzi” (La Stampa). E Piero Fassino dice: “Hanno fallito. Si riaprono i giochi” (al Quotidiano nazionale). Ma per altri l’approdo sarà un governo del presidente: lo auspica Massimo Cacciari (“Pd e M5S, si può fare?” La Stampa); lo dice Luciano Violante (“Vanno cercate alleanze disomogenee. L’alternativa, l’esecutivo del presidente”, Mattino); lo prevede Francesco Verderami (“Governo del presidente. Ora i partiti sono cauti, sarebbe difficile dire di no”, Corriere della sera).