Vittorio Bellavite, conoscerti è stata una fortuna

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di Mauro Castagnaro*

Oggi siamo tristi. Vittorio ci è stato tolto troppo repentinamente. E io, che negli ultimi 20 anni sono stato forse il suo più stretto collaboratore nel suo principale impegno, l’associazione Noi siamo Chiesa, e certamente ho condiviso con lui molti viaggi all’estero, per le riunioni delle reti internazionali cui aderivamo e per i Forum sociali mondiali, sono molto triste. Non ero preparato alla sua morte!

Tuttavia una parte di me mi dice che non dovrei essere triste, non dovremmo esserlo. Non solo perché, per chi è cristiano, come Vittorio era in modo appassionato e profondo, egli ora è nella pienezza dell’amore di Dio, ma perché la sua vita terrena è stata intensa, feconda, ricca di incontri, di relazioni, di sogni, di progetti, insomma è stata una vita bella! Io oso credere che Vittorio sia stato una persona felice.

Intanto perché è stata una vita tutta spesa dalla parte giusta, quella degli ultimi, degli oppressi, degli esclusi e delle lotte per la loro liberazione, per la loro emancipazione, a partire dalla fede vissuta con tale naturalezza da non dover mai essere sbandierata né poter essere mai negata, in un impegno civile e politico coerente e instancabile. Poi perché è stata condotta in una famiglia che faceva pensare a quella del beato del salmo 128: “La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa”: Pinuccia, la giusta compagna di vita, quelli che chiamava, con un termine per me un po’ curioso, “i miei figlioli” e i nipoti al cui pensiero si lasciava andare a compiaciute risate “senza se e senza ma” o di cui mi parlava a lungo (ricordo in particolare di Miriam in non so più quale aeroporto qualche anno fa). Infine perché è stata costellata di tante passioni di cui godeva, mi dicono la montagna e la maratona, io so la botanica o le edizioni antiche della Bibbia.

Vito Nocera in questi giorni ha usato per Vittorio parole che mi sono parse molto azzeccate: “La sua era una radicalità tollerante, inclusiva. A un rigore assoluto coniugava un innato buonsenso”. Così l’ho conosciuto anch’io, nelle molte riunioni in cui sempre diceva e difendeva il proprio pensiero, ma senza mai lasciarsi andare alla reazione irosa e men che meno scadere nell’attacco personale, anche quando era oggetto di critiche ingenerose o immotivate; era coerente, ma non intransigente; sapeva andare controcorrente, ma con mitezza. E mi ha colpito che il 12 aprile sia morto anche Jacques Gaillot, il coraggioso e umile vescovo di Evreux rimosso nel 1995 che proprio Vittorio aveva invitato a Milano e ospitato in casa.

Vittorio univa una profonda cultura, che gli consentiva una robusta elaborazione intellettuale, con una grande capacità organizzativa, che traduceva in un poco visibile e paziente lavoro di tessitura di relazioni; aveva uno sguardo ampio e lungo, che gli permetteva di proporre progetti arditi, ma non disdegnava il lavoro concreto, per cui mentre preparava dettagliate analisi sulla realtà ecclesiale si caricava letteralmente sulle spalle i libri e gli opuscoli del movimento da diffondere.

Tutto ciò, sommato alla sobrietà e alla generosità personali, faceva di Vittorio un leader naturale, ma nulla gli risultava alieno quanto il promuovere se stesso. Vittorio è stato un protagonista della storia ecclesiale e politica degli ultimi 60 anni, ma esente da ogni forma di protagonismo personale, spesso in ruoli di direzione, però sempre assunti per senso di responsabilità, senza neppure un accenno di quel narcisismo piuttosto frequente anche in piccole organizzazioni. Mai l’ho visto fare qualcosa (un gesto, una parola, un intervento) che potesse anche lontanamente risultare finalizzato a ottenere un riconoscimento, un ruolo, un incarico, un qualsiasi vantaggio personale. La lotta per il potere (piccolo o grande che fosse) non solo non gli interessava, gli era del tutto estranea! Il suo impegno era frutto di autentica fedeltà alle sue idee, alla causa (Vittorio Agnoletto ha parlato affettuosamente di “ingenuità”, a me piace di più dire “limpidezza”), che in ultima analisi era per lui quella del Vangelo. E proprio questo modo di esercitare la leadership in termini di servizio disinteressato è stato per me una grande testimonianza cristiana, esempio vivo di quel “ma tra voi non è così” che Gesù insegna ai discepoli sul potere evangelico, opposto a quello dominatore dei “capi delle nazioni”, oltre che, vale la pena richiamarlo oggi, un’indispensabile precondizione per superare la crisi della politica.

Ciao Vittorio! Conoscerti è stata una fortuna. Grazie di tutto!

 

* Coordinatore di Noi siamo Chiesa

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