L’autore, coordinatore in Puglia di Agire politicamente, spiega le ragioni della sua profonda delusione nei confronti del Pd e prova a immaginare una iniziativa politica autonoma dell’area dei cattolici democratici
In Italia le forze economiche e finanziarie si vanno coagulando intorno all’attuale potere politico, restando comunque divergenti con gli interessi generali del nostro Paese; lobby di poteri e interessi corporativi e privatistici stanno monopolizzando l’informazione (ormai da tempo) e orientando l’opinione pubblica (e quindi l’elettorato) verso un assemblaggio politico che ha idee confuse.
Questo PD è nato storto, va demolito e ricostruito con altri paradigmi, che non siano quelli dell’assuefazione alle mode, al sistema imperante del consumismo, alla formalità dei benpensanti, all’omologazione delle correnti di pensiero dei quotidiani più letti e delle televisioni. Il PD oggi è tutto questo ed altro. Non è il partito che è stato pensato! Non c’è un progetto di società al difuori del liberismo economico e finanziario. La sua politica si confonde con quella del centrodestra e di Forza Italia.
Basta ascoltare le argomentazioni e gli interventi di Renzi e della sua segreteria, per rendersi conto delle contraddizioni, della povertà di idee, di una ripetizione di narrazioni da apparato, dell’interessato e poco onesto “spirito di parte” che caratterizza la loro locuzione. ”Le riforme ce le chiedono gli italiani”, diceva con supponenza la giovane deputata Moretti del PD a Ballarò del 28 gennaio scorso: stesse espressioni della corte berlusconiana! Non si vuole ammettere il madornale errore politico fatto da Renzi nel riabilitare politicamente Berlusconi, con il quale trovandosi in “profonda sintonia” ha partorito una legge elettorale peggiore del “Porcellum”. L’economista americano Edward Luttwak, in collegamento da Washington a Ballarò ha detto: “Non si capisce più niente”, a proposito del segretario del partito democratico che in Italia fa l’accordo con un pregiudicato, condannato a quattro anni di reclusione e interdizione dai pubblici uffici per frode fiscale a cui è stato ritirato il passaporto. Come fa uno come Renzi e il gruppo (suo) dirigente che ignora la storia recente del nostro paese a governare un Paese così martoriato?! (vedi le trame della P2 e chi ne ha fatto parte, da: “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi” Ed. Chiarelettere 2011). Lui e i suoi (così si è voluto sempre definire) agiscono e parlano come se fossero sospesi nell’aria.
Il PD sembra una Spa
Renzi dice: “qualcuno nel PD mi voleva far fuori” (a proposito del voto in Parlamento sulla nuova legge elettorale “Italicum”); questo partito non è una comunità dove si condivide un progetto di società, di valori e princìpi. Renzi impone il suo volere alla Direzione, senza discutere (sembra l’amministratore delegato di una grande holding in spietata concorrenza). Sentite quest’altra: Del Rio, braccio destro di Renzi nel governo, dice: “A fine anno i ministri saranno giudicati, chi non porta risultati andrà a casa”. Linguaggio e modi aziendali: sono dipendenti di un capo perché … “assunti”, chiamati. Ancora: “E’ un presidente di garanzia, ma credo anche che, essendo stato eletto nel PD, debba accettarne le indicazioni”. Lo ha detto D. Serracchiani, vicesegretario del PD, a proposito del parere contrario espresso dal presidente del Senato Grasso, sulle riforme alla Costituzione di Renzi; proprio lei, che rivendicava spazio democratico (per sé?) ai tempi di Veltroni segretario! Questi quadri dirigenti del PD esprimono tanta ipocrisia e sono inadeguati!
Con il 40,8% dei consensi alle europee del 25 maggio scorso, oggi si esulta parlando per il PD di partito della nazione. “ […] l’idea di un partito della nazione in cui stanno dentro cose, […] che sono tutto e il contrario di tutto, io non lo vedrei come una evoluzione positiva” (Matteo Orfini, presidente PD; Assemblea di Agite Politicamente, Roma 26/6/2014). Da Taranto a Milano spesso il PD è in mano a gente senza scrupoli, a opportunisti, a capiclientele, a cooptati, che nulla hanno a che fare con il fine della politica, cioè realizzare la giustizia e il bene comune. “[…] Semmai il problema è il vuoto che si è creato, oltre alle dinamiche interne al partito che non consentono un’adeguata selezione del suo ceto politico” (Gianfranco Brunelli, il Regno Attualità n.10, 2014). La questione morale, l’etica e l’onestà intellettuale deve essere prerogativa di chi rappresenta il partito a tutte le latitudini! Spesso si tratta di un consenso fenomenico e mediatico, quello al PD di Renzi.
Il bipartitismo per l’autoritarismo
Questo Parlamento dei partiti è stato composto da nominati: quelli del PD, da listini di primarie fotocopia e quasi spesso pilotate. ”Nel nuovo Porcellum c’è la conferma delle liste bloccate, anche se più corte, senza alcuna possibilità di scelta da parte dei cittadini. La nuova legge elettorale distrugge il pluralismo politico, e cioè lo specifico della democrazia; non solo toglie i cespugli, cioè – come dice Renzi – libera i partiti maggiori dal “ricatto dei piccoli partiti”, ma toglie tutti gli alberi del bosco lasciandone solo uno a dominare il deserto e un altro, mutilato e umiliato, a riceverne l’ombra come parte di un unico sistema. In tal modo le elezioni invece che essere una scelta tra diverse opzioni politiche per il governo del Paese, si trasformano in una successione ereditaria per il quale il potere già esistente perpetua se stesso aggiornando di volta in volta per cooptazione le nomenclature al comando nei due partiti […] una legge più castale di così non si poteva immaginare” (Raniero La Valle: “Rottamazioni in corso” – Rocca 4/2014). Poi sembra che l’importante siano “le quote rosa” per legge!
Uscire fuori
Nell’omelia della messa di Capodanno, il cardinale arcivescovo di Milano Angelo Scola esorta e ammonisce un radicale cambiamento e ristrutturazione della forma partito e della politica tutta. Egli ha detto: “anche in Italia i partiti sono in grave difficoltà a causa delle formidabili mutazioni in atto, ma lo sono anche per uno squilibrato eccesso della cosiddetta politica del realismo, la realpolitik, che spesso nasconde gravi forme di egoismo personale, di lobby e nazioni. […] I cristiani e gli uomini delle religioni devono promuovere con decisione anche pagando di persona, figure e forme politiche nuove. A garanzia di un rinnovato stile non basta il venire in primo piano di figure più giovani, ma è richiesta la tensione verso il bene comune” (da: Il Fatto Quotidiano, giovedì 2 gennaio 2014).
E’ da questo sistema economico-culturale che bisogna uscire, rieducando il popolo verso la sobrietà e l’essenzialità delle cose e della vita, verso l’uso sostenibile delle risorse, dei beni comuni, dei materiali, dell’energia; verso la difesa e valorizzazione del nostro patrimonio culturale e artistico e delle peculiarità del nostro territorio, creando anche così lavoro e sviluppo.
Queste cose stanno nel DNA del cattolicesimo democratico! (vedi l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium di papa Francesco, capitolo II; e l’enciclica Caritas in Veritate di papa Benedetto XVI, capitoli IV e VI). Mi chiedo da quale parte starebbero oggi Lazzati, Dossetti, La Pira: senz’altro dalla parte della Costituzione e del Concilio. Dalla parte della indignazione e non della rassegnazione.
A questo punto i cattolici democratici devono formare un movimento politico autonomo C3dem (Costituzione, Concilio, Cittadinanza), che sulla scorta del proprio patrimonio culturale e valoriale si batta per realizzare un nuovo sistema economico e sociale, per la rigenerazione del paese; dialogando e collaborando con gli altri movimenti politici e culturali, e non ultimo con il mov5S di Beppe Grillo, che come noi hanno a cuore la Costituzione, l’etica della politica e i beni comuni.
Antonio Conte
(Coordinatore in Puglia di Agire Politicamente)
14 Luglio 2014 at 12:06
E’ un invito importante e interessante. L’ho condiviso su facebook proponendolo come uno dei contributi per ricostruire spazi in cui possiamo “respirare” cose nuove (non nuoviste o giovaniliste) per creare non solo un Movimento (ne abbiamo anche troppi fra i cattolici democratici), ma per contribuire, con altri, a costruire il vero Partito Solidale, il vero Partito delle Autonomie, il vero partito del lavoro e della comunità, il Partito del Bene Comune. La critica sarà: un altro partito? non bastano quelli che abbiamo? e non c’è il rischio di riproporne uno identitario (confessionale)? Il rischio può anche esserci, ma se non si cerca di riunire le tante voci che in questi anni ci aiutano a riflettere, indicano cammini interessanti, criticano riforme affrettate o ritenute non democratiche, se non si indica al Paese anche una visione diversa dalle solite, non potremo lamentarci di restare impigliati in quanto c’è oggi, e a volte di portare contributi ad altre culture ad altri leaders, ad altri gruppi dirigenti, in cui le nostre proposte e le nostre idee fanno da contorno. Avanti amici, non restiamo bloccati nell’esistente!
28 Luglio 2014 at 18:13
Con tutto il rispetto: quando usciremo dal nostro mondo immaginario e guarderemo il mondo così com’è? Voglio dire, al di là delle citazioni più o meno preziose con cui l’autore intesse il suo articolo, ha ben chiaro che nel mondo reale le sue idee non hanno alcuna cittadinanza? Non è che forse nel corso di questi anni nel nostro microcosmo cattolico democratico ci siamo isolati dai fatti e non abbiamo preso atto che la storia seguiva un altro corso? Forse proprio il fatto che Matteo Renzi viene dai nostri mondi dovrebbe farci riflettere sulla circostanza che siamo noi a rimanere fossilizzati in idee del passato. Per il resto, quando (da milanese) leggo che il card. Scola sarebbe un partigiano della Costituzione e del Concilio, e che il nostro alleato naturale sarebbero quelli dei 5 stelle mi domando quale universo parallelo frequenti chi scrive queste cose.
28 Luglio 2014 at 21:04
Pur condividendo gran parte delle motivazioni di insoddisfazione e sdegno espresse nell’intervento, confesso di aver provato un certo senso di disagio man mano che procedevo nella lettura. Questo non tanto per i toni usati, piuttosto drastici, ai quali sono un po’ allergico. Ma soprattutto mi lascia perplesso la proposta di formare un nuovo partito: abbiamo visto anche recentemente lo scarsissimo seguito elettorale verso liste nate con lo scopo di cambiare le cose. Lo ritengo uno sforzo molto, forse troppo impegnativo, che temo porterebbe a risultati del tutto trascurabili se non negativi.
Sono convinto che esistano alternative migliori. Una potrebbe essere quella di unirsi e lavorare all’interno del partito in cui già si sta operando, cercando di apportarvi, poco alla volta, il radicale cambiamento desiderato. Capisco le difficoltà che si potranno incontrare, ma una salda unione di intenti e di motivazioni permette di sperare in qualche buon risultato.
Una seconda alternativa – che comunque non esclude la precedente ma permette una più ampia linea d’azione e il coinvolgimento di più persone – è quella di non puntare direttamente alle sfide parlamentari, ma di sostenere, coordinare, inventare un movimento che parta dal basso e che parli direttamente con la società: c’è tanta gente di buona volontà (vedi i cosiddetti “indignati” di qualche anno fa, vedi la larga e attiva partecipazione ai movimenti per l’acqua e per il bene comune ai tempi dei referendum) desiderosa di fare qualcosa di buono, che attende e confida di poter partecipare a un più vasto movimento di rinnovamento morale e materiale, non solo della politica bensì della società tutta. Poi, se le circostanze lo permetteranno, un nuovo partito (o un partito rifondato) ne sarà la naturale conseguenza.
1 Agosto 2014 at 00:26
Nel testo di Antonio Conte l’indignazione fa premio sull’analisi, e talvolta anche sul buon senso. L’autore ha tutto il diritto di avere le sue opinioni sul Pd, sulla segreteria di Renzi e sull’universo, però forse qualche pezza d’appoggio, qualche aggancio al reale occorrerebbe fornirlo, altrimenti si conferma la giusta osservazione del lettore Gaiani sul “mondo immaginario” in cui sembra vivere l’autore.
Qualche esempio.
– “Le forze economiche e finanziarie si vanno coagulando intorno all’attuale potere politico”: chissà se l’incremento di tassazione sulle rendite finanziarie disposto dal governo le aiuta a coagularsi…
– “Questo PD è nato storto, va demolito e ricostruito con altri paradigmi…” Conte può anche essere di questa opinione (anche se più tardi, contraddicendosi, auspica la creazione di un diverso “movimento politico autonomo”), può sostenerla nel dibattito dentro e fuori il pd, però tenga conto che la linea attuale del pd è frutto di un continuo dibattito e di votazioni che hanno espresso una certa maggioranza. E questo fa parte o no dello “specifico della democrazia”?
– “Non c’è un progetto di società al di fuori del liberismo economico e finanziario”. Questo è un tema serio. Conte si tranquillizzi: c’è qualcuno nel Pd, e nel governo, capace di leggere Stiglitz, Krugman, Piketty. Il problema è come realizzare una transizione dall’attuale sistema economico ad uno più equo, senza nel frattempo mandare in default il paese e i suoi abitanti, e tenendo conto che le palingenesi, anche quelle economiche, richiedono gradualità, tempi lunghi, alleanze a livello quantomeno europeo. E quanto all’azione del governo: colpire le rendite finanziarie, quelle di posizione, e la spesa improduttiva, non è forse un passo nella giusta direzione? Cosa propone, in concreto, Conte?
– “… segretario del partito democratico che in Italia fa l’accordo con un pregiudicato”. E’ risaputo, anche se Conte sembra ignorarlo, che il M5S sia con Bersani sia con Renzi si è sottratto ad ogni intesa (e quindi rimaneva solo Forza Italia), ma qui vorrei sottolineare un altro aspetto: è evidente che la persona Berlusconi è un condannato (e per fortuna). Ma questo condannato ha trovato (alle ultime politiche) circa sette milioni di cittadini che hanno votato il suo partito, e con questo fatto occorre fare i conti, se si vuole rispettare la sovranità che “appartiene al popolo”, come recita l’articolo 1 della Costituzione. Non è che la parte di popolo italiano che non ha le nostre idee politiche è formata da paria senza diritti. Ci sono troppi sedicenti difensori della Costituzione che, come Conte, lo dimenticano. Per questi motivi la frase che sto commentando è falsa e calunniosa, e degna – essa sì – di indignazione.
Ci sarebbero molte altre osservazioni, a partire dall’ineffabile combinato disposto del card. Scola citato nientemeno che dal Fatto quotidiano (va bene che la Puglia è lontana, ma Conte ha sentito nominare qualche volta Comunione e Liberazione?), per proseguire con una citazione di Gianfranco Brunelli da Il Regno assolutamente parziale e che non esprime per nulla il ‘tono’ dell’articolo da cui è tratta, per finire con un discorso sui “piccoli partiti” in cui l’amnesia di ciò che successe al governo Prodi è totale.
Il gruppo dirigente attorno a Renzi è tutt’altro che esente da errori (come inevitabile, direi), ma purtroppo l’indignazione senza la pazienza di un’analisi articolata che valuti i pro e i contro conduce solo a contrapposizioni frontali che non fanno certo il bene del paese (e quanto avviene in questi giorni al Senato ne è la triste conferma).