L’autore è professore associato in Istituzioni di Diritto Pubblico presso la Facoltà di Economia dell’Università di Milano Bicocca. Membro del Comitato nazionale “Salviamo la Costituzione”. Vice-presidente dell’Associazione “Città dell’Uomo”.
Bene ha fatto Angelo Bertani a richiamare la priorità, sempre procrastinata, della riforma dei partiti, in attuazione dell’art. 49 della Costituzione e nella direzione della loro democratizzazione interna. Il dibattito sulle riforme istituzionali è, solo apparentemente, un tema distante da questo. E ciò per più motivi. Intanto osservo un’ambiguità di fondo che grava su questa fase “costituente”: la classe politica, rivelatasi (sin qui) incapace di modificare la legge elettorale (che è una legge ordinaria) e di trovare convergenze sulla Presidenza della Repubblica (tanto da rituffarsi – come soluzione tampone – tra le braccia “paterne” e “provvidenziali” di Napolitano), tenta ora, con questa avventura costituente, di guadagnarsi una ri-legittimazione senza rinnovamento, provando ancora una volta a riversare sulle regole – dopo quelle elettorali, ora la Costituzione – la responsabilità della propria impotenza.